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Cronaca

Condannato al carcere a vita: "Ha bruciato viva la giovane moglie"

La corte d'assise d'appello conferma l'ergastolo per Abderrahim Senbel

Avvolta dalle fiamme, ma ancora viva: così, nella notte del 20 settembre del 2020, i soccorritori avevano trovato Mina Safine nella casa di Urago Mella dove abitava con il marito Abderrahim Senbel. La 45enne di origine marocchina, come il consorte, era morta dopo una settimana di agonia trascorsa in un letto dell'ospedale di Genova.

Il marito 55enne - che aveva chiesto aiuto ai passanti e riportato pure lui alcune ustioni - era stato arrestato due giorni più tardi e accusato di tentato omicidio e, dopo la morte della 45enne, di omicidio volontario. Dal carcere milanese di Opera, come alla sbarra degli imputati, si è sempre difeso, rigettando le accuse.

"Ha fatto tutto da sola, si è suicidata"

"Ha fatto tutto da sola, si è suicidata", questa era da tre anni la versione dei fatti di Senbel. Una ricostruzione della vicenda già demolita in aula durante il processo di primo grado. La corte d'assise di Brescia, presieduta da Roberto Spanò, nel giugno del 2022 aveva infatti accolto le richieste dell'accusa, condannando il 55enne all'ergastolo.

Per la procura non c'erano infatti dubbi sul fatto che la donna non si fosse data fuoco da sola. Proprio in una telefonata shock al numero unico per le emergenze, la 45enne avrebbe affermato: "Mio marito mi ha bruciata". La tesi del suicidio non ha convinto nemmeno i giudici della corte d'assise d'appello, che – nella giornata di ieri – hanno confermato la condanna al carcere a vita.

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