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Cronaca

Ex fidanzata uccisa e fatta a pezzi dopo un video hot: "Soffro, chiedo scusa"

Le dichiarazioni del killer alla corte d’Appello.

Torna in aula Davide Fontana, l’ex bancario milanese che ha orribilmente ucciso, e poi barbaramente mutilato, l’ex fidanzata 29enne Carol Maltesi. Condannato a 30 anni in primo grado, nella mattinata di oggi (mercoledì 21 febbraio) ha reso dichiarazioni spontanee davanti alla Corte d’Appello di Milano.

"Ripenso a ciò che ho commesso, e provo grande sofferenza. Sono fermamente deciso a voler riparare, per quanto possibile, alla mie azioni e per questo ho chiesto aiuto alle istituzioni", ha detto il 45enne tornato in aula dopo che la procura ha impugnato la sentenza di primo grado, chiedendo per lui l’ergastolo e il riconoscimento di tre aggravanti (la premeditazione, la crudeltà e i futili e abbietti motivi). 

"Vorrei chiedere ancora scusa a tutti" e in particolare "ai genitori di Carol" e al figlio. "Non so se potrò mai essere perdonato per ciò che ho fatto. Darei davvero la mia vita per tornare indietro. Passerò il resto dei miei giorni a cercare di aiutare gli altri".  Per l’ex bancario si sta infatti avviando il percorso di giustizia ripartiva.

L'omicidio di Carol Maltesi

Il delitto risale all'11 gennaio del 2022: Davide Fontana aveva ucciso l'ex fidanzata 29enne nella sua abitazione di Rescaldina, nel Milanese, per poi liberarsi del corpo, facendolo a pezzi. Secondo la ricostruzione, la coppia di ex fidanzati aveva deciso di girare due video dai contenuti pornografici da vendere su OnlyFans. Ma durante le scene Carol venne legata a un palo della lap dance e il bancario iniziò a colpirla alla testa con un martello, ben 13 volte, per poi finirla con una coltellata alla gola. All'origine di tanta violenza l'imminente trasferimento della giovane in provincia di Verona per poter stare accanto al figlio. Fontana aveva poi fatto a pezzi il corpo e tentato di bruciare i tatuaggi e il viso per renderla non identificabile. Non solo aveva messo i resti nel congelatore di casa e infine se ne era disfatto mettendoli in quattro sacchi dell’immondizia poi gettati in un dirupo a Paline di Borno, in provincia di Brescia. Resti ritrovati a più di due mesi dal delitto, un periodo durante il quale l'assassino aveva anche usato il telefono della donna fingendosi lei, così da depistare le indagini.

L'accusa aveva chiesto l'ergastolo con due anni di isolamento diurno per i reati di omicidio volontario aggravato, distruzione e occultamento di cadavere. Ma lo scorso giugno i giudici di primo grado avevano escluso le aggravanti della premeditazione, dei motivi abietti e di aver adoperato sevizie e Davide Fontana è stato condannato dal tribunale di Busto Arsizio a 30 anni.

Sulla piena capacità di intendere e di volere il perito e i consulenti non hanno mai avuto dubbi. "È ben difficile credere che Davide Fontana abbia covato per lungo tempo il fermo proposito di sopprimere la donna comunque amata, che soprattutto gli permetteva di continuare a vivere in modo per lui finalmente pieno e gratificante", si legge nelle motivazioni dei giudici di primo grado che hanno escluso la premeditazione. Ad armare la mano del 44enne è stata "la consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso crescente di frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte", parole per cui non è stata riconosciuta l’aggravante dei futili motivi, così come la corte non riconosce la crudeltà.

Ora nel processo di appello la procura torna a richiedere il riconoscimento delle aggravanti e della condanna all'ergastolo.
 

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