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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

Donna uccisa e fatta a pezzi: caccia al mostro, c'è paura nel piccolo borgo

La memoria torna ai macabri precedenti: da Laura Ziliani ai coniugi Donegani

La strada chiusa al traffico, i Vigili del Fuoco e i Carabinieri, i militari della Scientifica: non è cosa da tutti i giorni in nessun luogo del mondo, tanto meno nella piccola frazione di Paline, poco più di 70 abitanti a sud-ovest del territorio di Borno, ai confini con la Val di Scalve e la provincia di Bergamo. E' qui che ancora domenica sono stati trovati i resti di una donna non ancora identificata, tagliata in 15 piccoli pezzi, decapitata e con il volto bruciato, probabilmente anche congelata. L'ha trovata un residente della zona, dopo aver avvistato alcuni sacchi neri sul ciglio della strada.

In paese, dicevamo, l'inquietudine è tanta. Dovunque si sia consumato il brutale omicidio, sta di fatto che il cadavere smembrato è stato portato a Borno: dunque il killer è stato in paese. E' una circostanza che fa parlare parecchio i residenti: non sono pochi quelli che non esitano a ribadirlo, “abbiamo paura”. I pensieri sono tanti, le domande anche: e se qualcuno l'avesse visto, in quel momento? Cosa sarebbe potuto succedere?

I macabri precedenti

Un paese sotto shock, anche se la Valcamonica non è nuova a macabri avvenimenti. Anche in tempi recenti, come nel caso del ritrovamento del corpo di Laura Ziliani, l'ex agente di Polizia Locale di Temù che risultava scomparsa dal maggio scorso, ed è stata ritrovata senza vita nell'ansa del fiume lo scorso agosto. Per il suo omicidio sono state arrestate le figlie Paola e Silvia Zani, e con loro il fidanzato della più grande, Mirto Milani: l'ipotesi è che l'abbiano avvelenata e poi nascosto il cadavere.

E' di qualche anno fa, invece, il ritrovamento dei corpi smembrati dei coniugi Donegani: il marito Aldo e la moglie Luisa De Leo. Abitavano a Brescia insieme al nipote Guglielmo Gatti: fu lui ad ucciderli e farli a pezzi, e per questo è stato condannato all'ergastolo. Dopo l'omicidio, da Brescia li portò fino in Valcamonica, in una decina di sacchi neri poi gettati in un dirupo al Passo del Vivione. 

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