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Cronaca Montichiari

"Gli ha sparato vicino al cuore": così lo zio ha mandato il nipotino ad uccidere il rivale in amore

Resta in carcere il mandante del tentato omicidio di Montichiari.

Resta in carcere Antonio Di Sanzo, lo zio 27enne che ha istigato il nipote di 13 anni a sparare ad una persona per ragioni sentimentali. La decisione è stata presa dal gip di Brescia.

I fatti:

Venerdì 2 aprile, verso le 20.30, ai Chiarini frazione di Montichiari, Manuel Poffa, classe '89, è stato colpito alla schiena da un colpo da arma da fuoco, precisamente nella regione dorsale sinistra, ed è stato trasportato al Civile di Brescia. Sul luogo dell'attentato è stato identificato un ragazzo classe '94, Antonio di Sanzo, amico della persona offesa, il quale avrebbe incaricato il nipote 13enne di sparare per ragioni sentimentali. 

Come riportato da alcuni testimoni, a sparare a Poffa sarebbe stato il nipote di Di Sanzo. Lo zio gli avrebbe dunque fornito la pistola incaricandolo di sparare, il tutto per questioni sentimentali. Il nipote nutriva enorme fiducia nello zio, figura che gli ha dato il sostegno paterno, ed era disposto ad esaudire ogni sua richiesta. I carabinieri tramite la perquisizione delle abitazioni di zio e nipote hanno trovato 6 proiettili e la pistola calibro 22 utilizzata per sparare, il tutto sottoposto a sequestro.

Al pm non è apparsa credibile la versione del minore, secondo cui egli avrebbe puntato l'arma contro la vittima al solo fine di intimidirlo e che gli avrebbe sparato per errore, nonostante il tredicenne fosse privo di dimestichezza con l'uso delle armi e fosse sotto tensione. Come riportato dal pm, ci sono pochi dubbi sul fatto che il colpo esploso potesse uccidere: l'arma è stata infatti usata a breve distanza e il colpo diretto in una zona vitale, in prossimità del cuore.

Lo zio risulta dunque mandante dell'omicidio, avendo fornito consapevole contributo materiale e morale alla consumazione del reato, organizzando l’agguato e consegnando la pistola al minore: è indagato per tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dal coinvolgimento nel reato di persona non imputabile.

Non essendo applicabile il fermo per l’assenza di un fondato pericolo di fuga, il giudice ha deciso che l'unica misura adeguata a garantire le esigenze cautelari è quella della custodia in carcere. 

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