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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca

Maxi frode ai danni dell’Unione europea: due bresciani tra le 22 persone arrestate

Uno è in carcere, l’altro ai domiciliari. Sequestri per 600 milioni di euro

Ci sono anche due bresciani nella lunghissima lista delle persone arrestate  dalla Guardia di Finanza di Venezia nell’ambito dell’inchiesta sulla maxi frode sui fondi Pnrr.  L’organizzazione smantellata nella giornata di ieri (giovedì 4 aprile) avrebbe messo a segno frodi per un valore di 600 milioni di euro, a partire dall'ottobre del 2022. L'indagine, coordinata dalla procura europea (Eppo), ha portato all’emissione di misure cautelari nei confronti di 22 persone, quasi tutte italiane, che ora sono accusate di vari reati finanziari: frode fiscale, riciclaggio, bancarotta.

I bresciani arrestati 

Tra loro il un 70enne bresciano Franco Enrico Borghi: per gli inquirenti avrebbe avuto un ruolo di spessore nel sodalizio criminale, procurando le società "vuote" con sedi in tutta Italia usate per beneficiare di qualsiasi forma di finanziamento pubblico e frodare l’Unione Europea. È accusato di associazione a delinquere e per lui si sono aperte le porte del carcere. Nei guai anche un 45enne di Toscolano Maderno che avrebbe fatto da prestanome: nei suoi confronti sono stati disposti i domiciliari.

Una coppia al vertice 

A destare i primi sospetti erano state due società veneziane che avevano partecipato ai bandi di Simest (del gruppo Cdp) per ottenere i fondi europei della "missione 1" del Pnrr, dedicata all'internazionalizzazione delle imprese. I documenti presentati mostravano grosse incongruenze rispetto a quelli depositati alla camera di commercio: bilanci floridi (ma falsi) a fronte di dichiarazioni dei redditi non presentate e fatture non emesse. Questo ha innescato l'inchiesta, che, attraverso intercettazioni e accertamenti informatici, ha portato a quello che è considerato il vertice del gruppo: una coppia che vive in provincia di Verona, formata da un uomo altoatesino (con vari precedenti, anche per droga) e da una donna di origine ucraina.

L'indagine, tramite l'interessamento dell'Europol, ha messo insieme un centinaio di segnalazioni per sospetto riciclaggio arrivate dalle banche e dalle Financial intelligence unit estere, scoprendo una rete interconnessa di frodi: una serie di falsi imprenditori che gestivano in tutto 23 società "vuote" con sedi in tutta Italia. «Era una rete nata appositamente per beneficiare di qualsiasi forma di finanziamento pubblico - ha sottolineato il colonnello Fabio Dametto, comandante del Nucleo polizia economico finanziaria di Venezia -. Un'organizzazione "resiliente", capace di riciclarsi in base alle normative». Nel tempo, queste società venivano trasferite in altre città (Roma, Napoli e Milano) cambiando l'oggetto sociale per trasformarsi in attività edilizie: a quel punto creavano crediti fasulli relativi a ristrutturazioni e falsi aumenti di capitale per poter beneficiare delle ACE, le agevolazioni per il sostegno alla capitalizzazione delle imprese.

Ville, auto e orologi  di lusso 

I soldi così ricavati finivano in gran parte all'estero, o in acquisto di immobili (ville e appartamenti, già identificati e sotto sequestro), automobili (Audi, Lamborghini, Porsche Panamera), gioielli e orologi, criptovalute e viaggi: la coppia "veronese" si spostava parecchio, tanto che l'arresto è avvenuto in Slovacchia, mentre si dirigevano da Bratislava verso Vienna con l'intenzione di prendere un volo per Atene. I due sono stati portati in carcere, come altri sei "soci". Quattordici persone sono invece ai domiciliari, un'altra ha ricevuto la sola misura dell'interdittiva a svolgere attività professionale. Nelle attività illegali erano coinvolti dei commercialisti - uno di Jesolo - incaricati di spedire i bilanci falsi tramite portale web. Altre due persone sono indagate, tra le quali un notaio di Avellino. Tra gli arrestati anche un uomo con domicilio in provincia di Treviso; due erano già ristretti (uno in carcere in Toscana, uno ai domiciliari in Friuli). Le perquisizioni sono state svolte in Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Friuli, Toscana, Lazio, Campania e Puglia, anche con l’ausilio di unità cinofile cash dog.

Oltre 200 finanzieri impegnati nell’indagine 

Il gruppo, ha fatto notare la guardia di finanza, si serviva di sistemi di tecnologia avanzata: oltre a usare Vpn per simulare indirizzi ip diversi rispetto a quelli reali, gli indagati avrebbero impiegato software di intelligenza artificiale per falsificare i documenti delle pratiche, riuscendo a "bucare" i sistemi di controllo automatizzato del portale Simest; inoltre, una parte del riciclaggio sarebbe stato realizzato convertendo il denaro in criptovalute tramite apposite piattaforme di exchange: i finanzieri sono arrivati anche lì, grazie alla collaborazione delle stesse piattaforme di exchange. «Nel corso delle perquisizioni abbiamo anche sequestrato un computer quantistico», ha fatto presente il tenente colonnello Marco Stella, della guardia di finanza di Venezia.

"È tra le più importanti indagini svolte in Italia da quando opera la procura europea - ha commentato il generale Giovanni Salerno, comandante della guardia di finanza di Venezia -. Sono stati impiegati quasi 200 finanzieri in otto regioni diverse e all'estero, in Austria, Romania e Slovacchia". Mentre il procuratore europeo Andrea Venegoni ha sottolineato la fondamentale funzione dell'Eppo e la collaborazione con la guardia di finanza: "Abbiamo i mezzi investigativi adeguati per fronteggiare queste situazioni di frodi, un valore aggiunto perché questo organismo è in grado di condurre indagini come una procura, ma con competenza su 22 stati dell'Unione europea".

Fonte: Veneziatoday.it


 

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