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Inchiesta Covid, anche il premier Conte convocato dai magistrati: "Non sono preoccupato"

Il presidente del Consiglio sarà ascoltato dai pm di Bergamo, come persona informata sui fatti, venerdì. ConvocatI anche i ministri Speranza e Lamorgese.

L'inchiesta dei magistrati della procura di Bergamo sulla gestione della Fase 1 dell'emergenza Coronavirus prosegue. Dopo aver ascoltato il governatore della Lombardia Attilio Fontana, l'assessore al Welfare Giulio Gallera e l'imprenditore bresciano Marco Bonometti, presidente di Confindustria Lombardia, i pm sentiranno il premier Giuseppe Conte, il ministro della Salute Roberto Speranza e quello dell'Interno Luciana Lamorgese. Anche loro sono stati convocati, come persone infornate sui fatti, dai magistrati che indagano sulla mancata decisione, nei primi giorni di marzo, di isolare le zone della Bergamasca - i comuni di  Nembro e Alzano - dove era stato individuato il secondo focolaio Lombardo di Coronavirus.

L'audizione è fissata per venerdì. "Le cose che dirò al pm, le dirò al pm, non posso anticiparle: riferirò doverosamente tutti i fatti di mia conoscenza. Non sono affatto preoccupato", ha detto Conte in un breve incontro con la stampa.

Sulla questione della mancata zona rossa nella Bergamasca Fontana e Gallera  avevano affermato che spettava a Roma decidere di isolare i comuni di Nembro e Alzano Lombardo. Una chiusura mai avvenuta: nei gironi successivi il governo ha trasformato l'intera regione in zona arancione. Anche il procuratore aggiunto di Bergamo, Maria Cristina Rota, aveva pubblicamente dichiarato che l'istituzione della zona rossa nella Bergamasca avrebbe dovuto essere "una decisione governativa".

"Non commento le parole del procuratore: ci confronteremo venerdì, in piena serenità",  ha chiarito ancora il presidente del Consiglio. 

Il Denuncia Day

Nel frattempo nella giornata di mercoledì fuori dal tribunale di Bergamo è andato in scena il Denuncia Day. L'iniziativa dall'alto valore simbolico promossa dal Comitato "Noi denunceremo - verità e giustizia per le vittime del Covid-19" che su Facebook ha già collezionato oltre 56 mila iscrizioni.

"Vogliamo la verità su quello che è accaduto in Lombardia per poter identificare i responsabili e avere giustizia", ha spiegato Luca Fusco, presidente e fondatore del Comitato. Le prime 50 denunce sono state depositate, ma "abbiamo ancora 150 denunce da elaborare che saranno presentate al più presto", ha chiarito. Tutte gli esposti sono contro ignoti: "Non puntiamo il dito contro nessuno, raccontiamo ciò che è successo. Poi sarà la procura, con tranquillità e serenità, a individuare ipotesi di reato“.

Per Fusco la responsabilità sono soprattutto politiche: "La prima è quella di non aver chiuso la Val Seriana quando doveva essere chiusa, cioè il 23 febbraio, lasciando trascorrere 15 criminali giorni fino all'8 marzo, cioè quando la Regione Lombardia è diventata zona arancione. Per 15 giorni noi bergamaschi abbiamo viaggiato, lavorato, bevuto il caffè e fatto gli aperitivi. A quel punto il virus ha circolato senza problemi".

"Se ci fosse stata la chiusura tempestiva della zona rossa nella provincia di Bergamo, forse non avremmo dovuto chiudere tutta la Lombardia. E probabilmente avremmo evitato il lockdown italiano".

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