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"L'ascensore in castello è un'opera inutile, e i costi sono già raddoppiati"

Intervista a Valentina Gastaldi, consigliera di Brescia Attiva, che ha partecipato alla visita istituzionale a Graz nel mese di febbraio: le sue impressioni alla luce di questa esperienza

In centro a Graz, nelle ore di punta, passa un tram ogni minuto. Valentina Gastaldi, consigliera comunale di Brescia Attiva, ha partecipato alla visita istituzionale organizzata nella cittadina austriaca avvenuta all’inizio di febbraio. E apre con questa immagine il racconto di una gestione della mobilità urbana che non indugia a definire visionaria. “C’è una fortissima commistione tra bici, mezzi e pedoni. E nel centro non ci sono auto”.    

Il capoluogo della Stiria ha iniziato a investire in modo consistente nel trasporto pubblico nel 2003, anno in cui è stata nominata capitale europea della cultura. Oggi è considerata il punto di riferimento per le città europee che guardano alla mobilità sostenibile. E Brescia non poteva che guardare a lei per cercare ispirazione nel suo percorso verso una nuova visione della mobilità urbana: la Leonessa e Graz sono simili per dimensioni e densità, hanno entrambe un sito UNESCO nel centro storico e una collina su cui sorge una costruzione medievale. E Graz vanta due infrastrutture che Brescia oggi sogna: il tram e l’ascensore per il castello. 

L'ipotesi ascensore per il Castello

“Del progetto dell’ascensore” racconta Gastaldi “ci sono due cose molto interessanti: che la sommità del colle dove sorge la fortezza sia stata chiusa al traffico, e l’accessibilità dei costi”. Con la funicolare, l’ascensore è l’unico modo per trasportare le persone fino alla fortezza di Graz: niente accesso alle auto. La funicolare, più lenta, fa parte del trasporto pubblico ed è integrata negli abbonamenti. Per l'ascensore invece si paga un euro a corsa. “Rispetto al nostro castello, c’è anche un’altra differenza: il colle di Graz ospita un sistema di gallerie (circa 6 km di cunicoli scavati durante la seconda guerra mondiale e usati, durante i bombardamenti, come bunker antiaereo e ospedale di fortuna, ndr). L’ascensore permette di visitarle, quindi è anche un po’ un museo. Noi, invece, ci limiteremmo a bucare la montagna”. 

Sotto il Cidneo, spingere sulla realizzazione di una struttura simile è una scelta azzardata. “Capisco che siano stati stanziati dei soldi dalla regione, che sarebbe un peccato buttare. Però intanto i costi sono raddoppiati, il Comune dovrebbe metterci almeno altri 4 milioni. L'accessibilità al castello è un tema molto importante, ma penso che si potrebbe risolvere anche in maniera più semplice, introducendo una navetta, magari elettrica, che faccia avanti e indietro. Sarebbe certo una scelta meno accattivante, ma con un impatto economico e ambientale molto inferiore”. Il tema dell’attrattività non è scontato: Brescia sta puntando molto sul rilancio del turismo, specie dopo i buoni risultati ottenuti nel suo anno da capitale della cultura. “Bisogna comunque ragionare molto attentamente: intanto non ha alcun senso fare un ragionamento di accessibilità al castello se non si ragiona anche del chiuderlo alle macchine, significherebbe introdurre un'infrastruttura gigante senza neppure restituire lo spazio alle persone. E accettare che sarà poco utilizzata, perché la gente continuerà a spostarsi in macchina”. I passi necessari secondo la consigliera condividono la linea chiesta promossa, nelle scorse settimane, da Legambiente: realizzare uno studio di fattibilità e provare, nel frattempo, a introdurre una navetta. “Anche perché” chiosa Gastaldi “l'ascensore solleva tutta una serie di altre questioni: resterà incustodito di notte? Come renderlo sicuro, ad esempio per una ragazza che voglia usarlo per andare in castello?“

Il nodo dei parcheggi

Difficile pensare all’ipotesi di pedonalizzare il Castello senza che si sollevi l’annoso tema della viabilità e - soprattutto - dei parcheggi: il Cidneo è, per tanti automobilisti, l’emblema del posteggio salvavita. Il che rimanda a un altro tema che la delegazione bresciana ha approfondito a Graz: come si coinvolge la cittadinanza in un cambio radicale del volto della città? “La persona che ha gestito la mobilità nella costruzione del tram” racconta Gastaldi “ci ha riferito di grandi rivolte nel primo periodo, quando c'erano i cantieri per il tram: i disagi sono stati forti. Ma ci ha detto anche che, a lavoro concluso, quando si accorgono che il nuovo assetto funziona le persone cambiano rapidamente atteggiamento e dimenticano le difficoltà”. Il grosso, insomma, è affrontare il cambiamento. “Il punto, secondo me, è questo: è fondamentale portarsi dietro le persone, ma non si può aspettare che tutta la cittadinanza sia d'accordo, che non ci sia neanche una polemica da parte della minoranza, perché non succederà mai. La cosa importante è scegliere una direzione precisa, avere in mente una visione di città e perseguirla.

Quando le persone oggettivamente si rendono conto che vivono meglio, si sgonfiano anche le polemiche”. E tocca, esemplificando, uno dei punti caldi della mobilità bresciana: “Oggi sembra la fine del mondo l’ipotesi di chiudere al pubblico il parcheggio di Piazza Vittoria. Ma se dovesse succedere potremmo pedonalizzare via Gramsci e ci renderemo conto che è un altro spazio bellissimo: è un po’ la nostra via Monte Napoleone, con tanti negozi e molto spazio, oggi mortificati. Molto è questione di credere in una visione, applicarla e aspettare poi che le persone, con i loro tempi, si abituino. Io ci credo molto”. 

Il tram si farà. Ma nel frattempo?

La visione dell’amministrazione si incentra, intanto, sull’introduzione del tram come volano di sviluppo urbano. Graz è il faro: una ragnatela di sette linee, perfettamente integrata col resto del sistema regionale dei trasporti. Al punto che ’amministrazione ormai progetta le linee del tram insieme ai nuovi quartieri in costruzione, e le realizza prima delle case. A Brescia la strada è tracciata: l’avvio dei lavori è previsto nel 2025, la prima corsa nel 2029. E’ qui che la consigliera di Brescia Attiva vede una questione aperta: “Non possiamo stare fermi fino ad allora e aspettare che il tram ci salvi. L’allarme di questi giorni sulla qualità dell’aria ci dice che dobbiamo ridurre le emissioni già ora. Sappiamo che i cantieri creeranno disagi: possiamo ridurli incentivando altri tipi di mobilità, costruendo prima percorsi ciclabili, in modo che le persone possano poi usarle per spostarsi. Così è successo a Copenaghen, quando la tramvia è stata realizzata: i tanti che hanno iniziato a usare la bicicletta in quel momento non sono più tornati indietro. La butto lì: se usassimo i famosi 4 milioni che si potrebbero risparmiare rinunciando all’ascensore per realizzare piste ciclabili, al momento di attivare i cantieri potremmo avere già un’infrastruttura alternativa a disposizione e sfruttare la costruzione del tram per incoraggiare i cittadini a usarla”. 

Quello che manca ancora a Brescia - e l’insegnamento che lascia Graz - in termini di mobilità sostenibile è, per la consigliera, il coraggio: di scegliere inequivocabilmente una visione e di perseguirla. “Il che vuole anche dire togliere spazio alle auto, in favore di bici e pedoni. Introducendo le zone 30, obbligando le auto a muoversi in modo rispettoso verso gli altri utenti della strada, si renderebbe evidente che l’intenzione è investire in un altro tipo di mobilità, disincentivando l’uso dell’auto e spingendo le persone a sperimentare alternative. Aggiungere mezzi di trasporto pubblico non basta”. 

Togliere, dunque, per spingere la cittadinanza al cambiamento. E poi fare rete: perché Brescia non è un’isola e per chi vive fuori città arrivarci senza macchina è spesso difficile, talvolta inapplicabile ai ritmi di vita e lavoro moderni. “Per questo è indispensabile spingere sulla giunta dei sindaci, per iniziare a coordinarsi con i paesi limitrofi: in tanti arriva il comune di Brescia con il trasporto, ma i comuni più piccoli contribuiscono pochissimo, spesso per via di poche risorse e poco interesse. Il lavoro di coordinamento è complesso, ma necessario, altrimenti resteremo sempre Brescia centrici. È pur vero che i parcheggi scambiatori esistono già, sono grandi e spesso mezzi vuoti: il goal finale sarebbe poter ragionare in un’ottica di rete, di città metropolitana”.

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