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Cultura Montichiari / Via Giuseppe Guerzoni, 92

Igor Costanzo e i poeti rivoluzionari: «Vivere intensamente»

Questa sera al Galeter di Montichiari i poeti del Movimento del Sottosuolo per la giornata di reading della Revolutionary Poets Brigade. Con un appello speciale, in ricordo di Francesco Conz, per salvaguardare un archivio straordinario

A cosa serve la poesia? In molti storcono il naso, altri si fingono interessati, qualcun altro crede di averlo capito senza neanche averne mai letta una. “Ciò che resiste è fondato dai poeti”, scriveva Friedrich Horderlin, e con questo spirito nasce la Brigata internazionale dei poeti rivoluzionari, la Revolutionary Poets Brigade, il primo bocciolo di un movimento che è cominciato a San Francisco e che poi è dilagato in tutto il pianeta. Questo è lo spirito della giornata mondiale di reading poetico che coinvolgerà innumerevoli autori contemporanei, da New York a Roma, da Medellin a Parigi. Con un evento speciale che radunerà alcuni tra i maggiori esponenti della poesia italiana al Galeter di Montichiari, proprio questa sera. La campana dell’arte non smette mai di suonare, anche quando intorno a noi il vuoto ideologico sembra opprimere le menti.

“Una giornata della poesia, per un appello che non è solo poetico ma anche politico – ci racconta Igor Costanzo, uno dei principali esponenti di quel nuovo corso culturale, bresciano e non, che negli ultimi 15 anni ha fatto parlare di sé anche al di fuori dei confini italiani, e che ha coinvolto personaggi come Enrico Ghedi e Omar Pedrini – per una rivoluzione della mente, senza cadere nell’utopia. Una rivoluzione culturale mai banale, che parte dalla coscienza e che usa poesia e arte per una maggiore consapevolezza del vivere quotidiano. L’entusiasmo della conoscenza e della diversità, in controtendenza con questo mondo così omologato, che vuole costringerti a rinunciare a quello che sei veramente”.

“Capitalismo e consumismo si sono appropriati dell’esistenza umana, quando l’economia reale invece sopperisce solo ai bisogni fisici, e non sempre in modo uguale. La vera ricchezza è la povertà, una povertà di affetti, di pensieri, di sogni. Un mondo diverso è possibile, la nostra rivoluzione è possibile. Una rivoluzione sociale possibile solo attraverso un percorso umile e forse anche mistico, alla ricerca dell’essenziale e non del superfluo”. E perché non provarci? Smettere di invecchiare, provare a crescere in un altro modo, credendoci davvero. Quando incontriamo Igor nella sua casa gardesana, dove abita con le due donne della sua vita, la compagna Paola e la figlia Carlotta, ci mostra un documento più unico che raro, l’ultima intervista a Francesco Conz. Un breve filmato, un’istantanea fortissima in cui la performance artistica va oltre i canoni comuni, e in cui Hermann Nitsch, uno dei nomi di spicco dell’azionismo viennese, regala a chi lo ascolta un’immortale lezione di vita: “Abbiamo il dovere di vivere intensamente”.

Igor Costanzo: una vita di poesia

La giornata della poesia è dedicata anche a questo, a quell’entusiasmos strepitoso verso la conoscenza infinita. Dedicata a quel Francesco Conz che non tutti conoscono ma che tutti dovrebbero conoscere. Il suo archivio storico e artistico è il più grande ‘contenitore’ di tutta l’avanguardia artistica, poetica e letterari dal dopoguerra ad oggi. La beat generation, i viennesi, il fluxus, l’arte che si fa scienza e la scienza che si fa arte. Ma questo archivio straordinario corre un rischio immeritato: a causa di una bega familiare tra eredi e affini, giace abbandonato a sé stesso. “Il nostro è un appello all’Unesco – continua Costanzo – perché qui stiamo parlando di un vero patrimonio dell’umanità. Forse il più grande patrimonio artistico mondiale. Mi sembra assurdo che con tutta questa tecnologia, con tutta questa consapevolezza, stiamo lasciando che il tempo possa compromettere in maniera irreversibile uno dei più importanti archivi di arte contemporanea. Chiunque dice di amare la cultura non può restare sordo a questo appello. Voglio dare pace e giustizia a quello che è stato il mio maestro, al suo lavoro lungo una vita”.

L’Archivio Conz racchiude in sé il meglio delle avanguardie degli ultimi 60 anni. L’arte scientifica di George Brecht, la multimedialità di Dick Higgins, la penna senza freni di Alan Kaprow, i ricordi e le opere di Jean Dupuy, l’arte senza tempo di Bob Watts. Conz era un moderno futurista, temuto da tutti gli artisti per i suoi giudizi spesso inequivocabili, innamorato prima delle persone che delle opere, con una visione dell’arte che era quasi religiosa. “Conz era una vera forza della natura, mi ha insegnato ad essere umile, mi ha fatto capire il vero significato dell’essere artista. Mi ha fatto capire che nonostante l’uomo sulla Luna, o la scissione dell’atomo, gli unici punti inarrivabili della nostra civiltà rimangono quelli artistici. Un uomo che sapeva davvero, un vero taumaturgo, quasi un universo in una sola persona. Ma chi di questo mondo insegue solo la vanità non può comprendere i suoi discorsi, la sua vita. Conz era un’opera d’arte, un’opera d’arte vivente”.

Revolutionary Poets Brigade al Galeter di Montichiari

Sospeso nel vuoto della modernità, come una leggenda. Sono passati quasi due anni dalla sua morte, un lutto terribile per il mondo dell’arte contemporanea. I poeti della Brigata lo ricordano anche per questo, l’unico che ha fatto dell’arte il suo vivere quotidiano. Come una Gesamtkunstwerkt, l’opera d’arte totale. “Ha vissuto di un’intensità continua, nelle cose importanti e nelle cose superficiali. Ci ha insegnato a credere in un mondo parallelo, dove tutto è capovolto, dove la diversità è la merce di scambio più pregiata, dove la povertà è ricchezza, dove è possibile costruire un diverso sentire dell’arte, un diverso modo di vivere”.

Con umiltà, e con una travolgente curiosità in controtendenza con tutte quelle carriere costruite tra mille compromessi, con tutte quelle menti già plasmate. “Chiunque crede di amare l’arte non può restare sordo a questo appello. L’Archivio Conz deve essere tutelato e conservato, non possiamo perdere una risorsa così straordinaria. In suo onore, in onore dell’arte. Conz aveva già più di 70 anni l’ultima volta che lo vidi, ma in quel momento non sono mai stato più sicuro. Non ho mai conosciuto un uomo più giovane di lui”.

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