"I morti di Brescia ci direbbero di riaprire": Renzi non tocchi le nostre lacrime
L'editoriale
Il politico meno credibile dell'intero parlamento - "se vince il no al referendum, smetto di fare politica", aveva dichiarato il 12 gennaio 2016 - nella giornata di giovedì è tornato alla ribalta. Si parla naturalmente di Matteo Renzi. Nel suo discorso al Senato, ha attaccato direttamente Conte come avviene ormai da mesi, già a partire da prima della pandemia: non si capisce poi il perché, visto che sostiene il governo e Italia Viva ha pure due ministri. O forse si capisce benissimo, la ragione si chiama "poltrona".
Ridotto all'insignificanza, non gli resta che cercare visibilità andando contro corrente ("riapriamo tutto subito") e sparandole sempre più grosse. Stavolta, senza pudore, ha tirato in ballo persino le vittime del Coronavirus: "La gente di Bergamo e Brescia che non c'è più se potesse parlare ci direbbe di riaprire".
Il problema, caro senatore di Scandicci, è che i morti non possono parlare, perché la parola dei morti è il silenzio, un silenzio assordante. Quello che lasciano è un vuoto d'affetto e un dolore pieno di ricordi; e il dolore, così intimo e profondo, invoca solo rispetto. Continui pure con le sue mire politiche personali, con le sue boutade dettate dallo "zero virgola" dei sondaggi, ma non si riempia la bocca di lacrime altrui: questo è il tempo della responsabilità, a partire dalle parole.