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L'onda nera della pandemia: coronavirus prima causa di morte in Italia nel 2020

L'analisi realizzata dal Centro Studi Nebo. Lo scorso anno erano stati 69.000 i decessi per le malattie ischemiche del cuore, ora il coronavirus è già a quota 49.823, manca ancora un mese alla fine dell'anno e già in primavera si è registrato – pur tenendo conto delle vittime accertate del Covid-19 – un aumento di 20.000 morti rispetto alla media degli anni precedenti, non conteggiati nelle statistiche ufficiali sulla pandemia

Tenuto conto dei decessi Covid rilevati dalla Protezione Civile al 22 novembre e della 'supermortalità' evidenziata dall’analisi dei dati Istat (stimata in 20.000 casi), la mortalità legata a Covid-19 avrebbe ormai superato, per l’anno in corso, quella per le principali cause di morte che negli anni precedenti hanno caratterizzato le statistiche italiane. L'analisi arriva da Nebo Ricerche, centro studi specializzato nella gestione di banche dati nei settori della ricerca sanitaria ed economica, che collabora con università, Istat, Iss e Ministero della Salute.

Decessi 2015-2017: cause principali

Dai dati del triennio 2015-2017 (ultimo aggiornamento disponibile), questi si rilevano i maggiori fattori di mortalità, in media annua: 69.000 decessi per infarto e altre malattie ischemiche del cuore, 59.000 per ictus e altre malattie cerebrovascolari, 58.000 per tumori dell’apparato digerente, 37.000 per tumori dell’apparato respiratorio, 20.000 a tumori della mammella e degli organi genitali femminili.

Decessi 2020 per Covid-19

Attualmente, i morti Covid in Italia certificati dalla Protezione Civile sono in tutto 49.823 (ultimo dato del 22 ottobre). Nell'anno in corso, spiega Nebo Ricerche, le morti legate a Covid-19 dovrebbero raggiungere almeno 78.000 casi, tenendo in conto due fattori: 
1 – In base all’andamento della seconda ondata, è presumibile che i decessi dichiarati dalla Protezione Civile arrivino a fine anno a non meno di 58.000 unità, ipotizzando una decrescita dei decessi fino al 31 dicembre in misura speculare alla crescita osservata fino ai massimi di metà novembre;
2 – il Centro Studi Nebo ha stimato per la primavera 2020 una 'supermortalità' dell’ordine dei 20.000 casi oltre ai decessi Covid ufficiali dichiarati dalla Protezione Civile (www.programmazionesanitaria.it).

"Pur in queste ipotesi di minima – riporta Nebo –,  il numero di morti legate a Covid-19 si attesterebbe su valori più alti delle principali cause di morte rilevate negli ultimi anni. Come sottolineato in precedenti studi, la supermortalità rilevata può non essere addebitabile a Covid-19 come causa di morte diretta; tuttavia, l’evoluzione della mortalità del 2020 rispetto a quella degli anni precedenti impone di considerarla almeno come causa indiretta per il condizionamento indotto dalla pandemia sul ricorso ai servizi sanitari, sugli stili di vita e su altri determinanti di salute."

A fine ottobre è stato pubblicato uno studio realizzato congiuntamente da Istituto Superiore di Sanità e Istat, nel quale è riportato che – su oltre 5.300 schede di morte di persone decedute la scorsa primavera e risultate positive al tampone – è stato rilevato che nell’88% dei casi il Covid-19 è stata la causa del decesso: "Applicando tale risultato ai 58.000 decessi ipotizzati in base ai dati della Protezione Civile per l’anno 2020 – continua il centro ricerche –, solo tra questi il coronavirus risulterebbe la causa di morte in oltre 51.000 casi".

Il confronto fra i decessi Covid e la casistica delle morti del triennio 2015-2017 è utile per visualizzare la dimensione degli effetti dell’epidemia rispetto a un quadro che, sia pure in continua evoluzione, mantiene nel tempo una sua costanza: "L’aver accostato le due statistiche non sottintende un’ipotesi sulle cause di morte del 2020, per le quali sarà senza dubbio di grande interesse analizzare i dati di mortalità per causa, quando saranno disponibili – conclude Nebo –. Al momento è comunque possibile osservare, grazie ai dati Istat, che il 2020 era iniziato con un sensibile calo della mortalità nel primo bimestre rispetto alla media del quinquennio precedente, con 9.000 casi in meno, passando a + 49.000 nei tre mesi successivi e registrando una flessione durante il periodo estivo, al termine del quale si è sviluppata la seconda ondata".
 

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