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Polmonite e legionella, i dati che fanno paura: "Nel fiume una bomba batteriologica"

Sono state rese note le prime evidenze della ricerca commissionata al Ministero sull'epidemia di polmonite e legionella che pochi mesi fa ha provocato sette morti

Una nube batteriologica dispersa nell'aria dalle torri di raffreddamento delle aziende, provocata a quanto pare dal “brodo” del fiume Chiese in secca e scatenata dalle bollenti temperature della scorsa estate: sarebbe questa la probabile causa dell'epidemia di legionella e polmonite batterica che solo pochi mesi fa tra le province di Brescia e di Mantova ha causato ben sette morti e addirittura un migliaio di contagiati.

L'inchiesta del Ministero

Sarebbe questa la scoperta shock emersa dalle prime indiscrezioni sulla ricerca, ancora in corso, coordinata dal Ministero della Salute e a cura dell'Istituto superiore di sanità, pubblicate da Bresciaoggi: le aziende, ignare delle condizioni sanitarie del fiume, avrebbero continuato a utilizzare l'acqua del Chiese che nel frattempo era già contaminata, diffondendo i batteri nell'aria in una sorta di “effetto aerosol”.

Gli esiti della ricerca confermerebbero così la correlazione rilevata qualche settimana fa dal Centro di riferimento nazionale della legionellosi, che appunto aveva riscontrato la presenza del batterio della legionella di tipo pneumophila sierogruppo 2 in alcune zone del Chiese, in particolare a Carpenedolo, Montichiari e Remedello, dove tra l'altro si erano registrati i casi più numerosi.

Una bomba batteriologica

In attesa delle conclusioni definitive, le premesse purtroppo parlano chiaro: a causa di una imprevedibile commistione di fattori, tra cui le temperature sopra la media di settembre e la scarsita di acqua nel fiume, il Chiese si sarebbe dunque trasformato in una vera e propria “bomba batteriologica”.

Nell'alveo del fiume, dove l'acqua era scarsa, i batteri sarebbero dunque riusciti a proliferare in grandi quantità: la diffusione dell'epidemia si sarebbe dunque scatenata in parte per la presenza dei batteri nel fiume, e in parte perché gli stessi batteri, involontariamente “pescati” dalle aziende al lavoro, sarebbero stati poi diffusi nell'aria dalle torri di raffreddamento.

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