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Castel Goffredo non ci sta: “No alla centrale a biomasse”

In un palazzetto dello sport gremito gli applausi della popolazione agli interventi (ecologici) dei proff. Valerio, Ballestrieri e Ruzzenenti. Continua l'azione del comitato contro la centrale, critiche aperte all'amministrazione locale

Una grande risposta di pubblico al palazzetto dello sport di Via Svezia a Castel Goffredo, a pochi chilometri da Carpenedolo, per il dibattito rilanciato dal comitato che si batte per evitare ad ogni costo la costruzione di una nuova centrale a biomasse nel territorio di Selvole, al quale hanno partecipato tre veri esperti in materia, il prof. Federico Valerio (chimico ambientale all’Istituto Tumori di Genova), il prof. Federico Balestreri (medico e referente dell’International Society Doctors for the Enviroment Cremona) e il prof. Marino Ruzzenenti (storico e ambientalista attivo). La costruzione di una nuova centrale, per giunta a biomasse, non può che peggiorare una situazione già pessima come quella dell’intera Pianura Padana, una delle zone più inquinate d’Europa assieme ai bacini minerari (con conseguenti raffinerie) della Ruhr. I dati scientifici che accompagnano le argomentazioni dei tre relatori sono inoppugnabili: a parte il mero spreco insito ad una centrale a biomasse (il 55/60% dell’energia termica viene dispersa), e il suo potere carolifico limitato, una centrale di questo tipo produce quantitativi pericolosi di Pm2,5 e Pm1 (le cosiddette polveri sottili) e di Diossine (per intenderci quelle che hanno intossicato alcune specie di pesci del Garda).

Il fattore medio di emissione delle biomasse è inferiore al carbone e all’olio pesante solo in termini di ossido di azoto (grammi/giga Joule), pari a 211 contro i 310 e i 215 dei combustibili sopra citati. Ma se analizziamo il fattore medio di emissione relativo alle Pm2,5 e alle Diossine il confronto diventa impari: nel primo caso 9 nanogrammi/giga Joule per il carbone, 13 per l’olio pesante e 33 per le biomasse; nel secondo caso 2,5 per l’olio pesante, 10 per il carbone e addirittura 50 per quanto riguarda le biomasse. La combustione a biomasse legnose inquina, ed emette quantità sensibili di ossido di azoto, ossido di carbonio, polveri totali e sottili, formaldeide e benzene (due cancerogeni riconosciuti), idrocarburi, diossine e furani. “Stiamo assistendo ad un proliferare di questi impianti nel mondo ma vi sono pochissimi studi sugli impatti ambientali e sulla salute – spiega infatti il prof. Valeri – Perfino in Ue viene accettato un maggior inquinamento rispetto al carbone. Le biomasse legnose portano problemi difficili da gestire, i combustibili solidi sono più inquinanti dei combustibili gassosi”.

Esiste una soluzione al problema delle biomasse, considerate a pieno titolo energie rinnovabili? Citando esempi austriaci e tedeschi, Federico Valeri sottolinea il sistema del trattamento meccanico e biologico, in cui attraverso un processo di fermentazione anaerobica a freddo alcuni micro organismi intervengono sulle biomasse per ossidazione, senza provocare l’emissione delle tanto pericolose sostanze tossiche già citate. La lavorazione del biogas è una soluzione più ecologica, tanto che tali micro organismi sono anche in grado di degradare composti tossici come idrocarburi, diossine, pesticidi, erbicidi e plastificanti. “Le biomasse non possono essere considerate un’alternativa accettabile ai combustibili fossili – conclude Valeri – Non si può sovvenzionare l’inquinamento con il denaro pubblico! Meglio trasformarli in nuovi combustibili, liquidi o gassosi”.

Il nostro pianeta purtroppo (o per fortuna) ha una pazienza ambientale limitata, e il se il processo ciclico della natura in equilibrio non produce rifiuti, il processo lineare dell’uomo invece ha provocato cambiamenti irreversibili in poco più di due secoli. Il dottor Federico Balestreri ci ricorda infatti, citando la rivista Lancet, che “il cambiamento climatico è la peggiore minaccia alla salute dell’ultimo secolo”. Le nuove polveri sottili, le Pm2,5 e le Pm1, una volta inspirate provocano un processo infiammatorio che in breve provoca lo sviluppo dei macrofagi e delle citochine, molecole proteiche non sempre utilissime al regolare funzionamento dell’organismo umano. Ai problemi respiratori dunque si aggiungono i più pericolosi problemi relativi all’apparato cardiocircolatorio. “L’ambiente padano è inquinato quanto quello delle più grandi aree metropolitane del mondo – aggiunge Balestreri – Non è pensabile che noi possiamo vivere sani in un mondo inquinato! Non esiste il livello di soglia a rischio zero, non esiste una concentrazione al di sotto della quale non si registrano effetti negativi sulla salute. I limiti di legge non saranno mai protettivi”.

Da qua la differenza, sconosciuta ai più, tra aspettative di vita e aspettative di vita in buona salute: in Pianura Padana (ma un po’ in tutto il mondo industrializzato) le seconde sono sensibilmente più basse delle prime. E pensare che in Italia esiste un surplus di impiantistica per la produzione di energia elettrica, come ha di fatto sottolineato il prof. Marino Ruzzenenti: “Nella nostra penisola siamo più che attrezzati a produrre energia elettrica, la importiamo solo per semplice comodità. Le condizioni dell’aria in Pianura Padana non sono compatibili con nuovi (e inutili) impianti di combustione. Stiamo parlando di condizioni già critiche, la centrale di Castel Goffredo non deve essere costruita”. Il paradosso del surplus energetico fa riflettere, e molto. C’è un’alternativa alla centrale a biomasse? Il metano, il carbone? L’alternativa (vera) è lasciare tutto al suo posto, abbiamo già fatto tanto.

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