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Cronaca

Processo Caffaro: escluse le parti civili, quattro rinvii a giudizio

Le parti civili sono state escluse dal dibattimento

Inizia la resa dei conti per i presunti responsabili del disastro ambientale compiuto dalla Caffaro, l'azienda chimica che per decenni ha inquinato le falde di Brescia. Il giudice dell’udienza preliminare Andrea Guerrerio ha rinviato a giudizio quattro degli indagati: il presidente dell’ex ditta di via Milano Antonio Todisco, il rappresentante legale Alessandro Quadrelli, il direttore dello stabilimento Alessandro Francesconi e Vitantonio Balacco andranno alla sbarra il prossimo 11 aprile. Sono accusati, a vario titolo, di disastro ambientale, deposito incontrollato di rifiuti e inquinamento da cromo esavalente.

L’ex commissario straordinario Roberto Moreni, indagato per non aver guidato la dismissione degli impianti e non aver garantito la messa in sicurezza della barriera idraulica, ha chiesto il rito abbreviato. La medesima richiesta è stata avanzata da Marco Cappelletto e Alfiero Marinelli, manager che facevano parte dell’ex stabilimento Caffaro Srl e Caffaro Chimica Srl. Il giudice deciderà dopo aver preso visione di una perizia tecnica, che verrà prodotta dai difensori degli indagati.

Escluse le parti civili

Ma a fare discutere è l’esclusione delle tre associazioni che si erano costituite parte civile: Medicina Democratica, Codacons e Lac. La decisione del Gup si dovrebbe - come si legge in una nota diffusa da Marino Ruzzenenti, professore e storico ambientalista tra i primi a denunciare il caso Caffaro - al fatto che "non sarebbe stato dimostrato e quantificato il danno subito dalle rispettive associazioni (tema proprio del processo…). Notate che a supporto avevamo presentato due faldoni che documentavano tutta la nostra attività più che ventennale per far emergere il disastro Caffaro e anche indicavano il danno che avrebbero subito i cittadini che Medicina democratica rappresenta".

"Questa esclusione toglie dall'imbarazzo quelle parti civili che, in quanto parti offese, "dovevano" costituirsi (Ministero e Comune di Brescia) e non l’hanno fatto, dimostrando di non aver alcun interesse a tutelare il bene pubblico", conclude Ruzzenenti. 

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