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Incredibile ritrovamento nel Bresciano: una fossa comune con 94 corpi

L'incredibile ritrovamento annunciato in un libro: una fossa comune dimenticata

Una fossa comune dove da più di 100 anni (dalla primavera del 1918) giacciono sepolti i corpi di 94 soldati senza nome: è lo straordinario ritrovamento annunciato da Sergio Boem nel libro (appena pubblicato) “Sui prati del Tonale 94 stelle alpine”, la cronaca e il resoconto di una ricerca proseguita per anni, sul solco della memoria del nonno Ubaldo Ingravalle ma soprattutto del “Diario storico” del battaglione alpino Valcamonica, del V Reggimento Alpini, impegnati sui campi di battaglia in alcuni dei fronti più duri della Grande Guerra, dal Monte Rombon al Cauriol, dal Monte Grappa ai pendii del Passo del Tonale. 

Proprio qui, sulle pendici meridionali di Cima del Cady (a circa 2.100 metri di quota) e lungo i confini di Lombardia e Trentino, è stata individuata l'ubicazione di una delle due fosse comuni segnalate sul Diario storico, e dove appunto sarebbero sepolti i 94 corpi di soldati austriaci (per lo più ungheresi e rumeni della regione del Benato), in una buca creata dalla stessa battaglia, dal fuoco di artiglieria, di almeno 12 metri di diametro.

I soldati caduti dell'Operazione Valanga

E' la testimonianza immortale dei giovani di quel tempo, e di quel furioso (e fragoroso) combattimento: la chiamarono “Operazione Valanga”, in tedesco Unternehmen Lavine, iniziata il 12 giugno del 1918 e scatenata il giorno seguente. Fu il tentativo di sfondare le difese italiane sul Passo del Tonale con 40mila uomini appartenenti all'esercito austro-ungarico, con l'intento di irrompere prima in Valcamonica e poi in Valtenellina, obiettivo finale raggiungere Milano. “Oggi sono solo resti di uomini appartenenti ai popoli di un impero scomparso, inviati lassù da obblighi di legge – spiega Sergio Boem, già autore di libri e mostre sulla Grande Guerra e sul primo Novecento – e dal giorno del ritrovamento qui 94 ragazzi, rimasti giovani per sempre, attendono che il loro riposo diventi protetto e definitivo, magari nei cimiteri del loro Paese, se saremo così fortunati da riuscirne a identificare qualcuno”.

Il luogo della sepoltura, scrive ancora Boem, è come fosse apparso all'improvviso, ormai qualche anno fa, in una zona che “aveva delle caratteristiche ben diverse da tutte le altre, ne restai stupito: notai infatti che una vegetazione rigogliosa la coronava, e una curiosa e inspiegabile ragione doveva essere certo alla base di questo particolare fenomeno naturale, rarissimo a quelle quote”.

Il ritrovamento e gli scavi "abusivi"

Forse i residui organici, i fluidi e le tracce di quei corpi hanno nutrito la natura stessa, come un ritorno alle origini dopo la tragica morte. Boem racconta di aver contattato uffici pubblici e biblioteche, enti vari e pure la Soprintendenza, dopo aver annunciato a spanne quel ritrovamento in un precedente libro. Niente da fare, almeno fino al 2019, quando durante “un ennesimo controllo trovai infatti, in settembre, degli evidenti segni di scavo negli antichi crateri creati dalle esplosioni sui prati del Tonale: allarmato spostai la terra che qualcuno aveva già smosso e ritrovati, appena due dita sotto (com'era descritto nel Diario) brandelli e divise macerate e in seguito anche alcune ossa, ma soprattutto scoprii due teschi ormai privi del loro elmetto, di certo un prezioso bottino per uno scavatore dilettante”.

La segnalazione ai carabinieri, poi la pandemia

Furono allertati i carabinieri, che si attivarono immediatamente, e seguirono altre segnalazioni: ma tutto si è fermato, inevitabilmente, al deflagrare di un'altra crisi, ovvero la pandemia che si trascina ormai da quasi due anni. “Proprio l'immobilità imposta in quel periodo – continua Boem – mi dette però modo di stendere le righe di un nuovo testo: un sasso gettato nel lago dell'indifferenza e una denuncia per una memoria negata, ma soprattutto credo sia una spinta e un moto di pietà per 94 ragazzi che sono stati dimenticati lassù da oltre 100 anni. […] Erano operai e umili contadini, studenti e impiegati, montanari e cittadini che avevano un passato e speravano in un futuro ma, dopo una interminabile notte di angoscia, si lanciarono contro le linee presidiate dai nostri nonni e da essi furono fermati per sempre. Di quei ragazzi non più nemici condividevano le stesse pene e le medesime sofferenze, senza eccezioni di grado, nazionalità o religione”.

"Una degna sepoltura per quei ragazzi"

Una scoperta che resterà per sempre, possibile solo grazie all'impegno di Boem, alle sue ricerche, alle note di quel “Diario” comune a tutti i battaglioni, un resoconto militare “redatto con una grafia antica, in cui alcune volte pareva di intravedere anche il campo della lotta, la neve e la lontana cima, una visione quasi in presa diretta vista dai parapetti di una trincea”. Quei testi, scritti “in tempi senz'altro tragici, alla luce di una fioca candela e in un umido riparo nella roccia”, sono ora portatori di un messaggio che va oltre il tempo e lo spazio: quelle frasi, chiosa il ricercatore, sono come “un messaggio infilato in una bottiglia, lanciato verso un futuro di auspicata riconoscenza, di fratellanza”. Per quei ragazzi, “mariti, figli o fratelli di qualcuno che li attesi per decenni, è arrivato il tempo di avere finalmente una degna sepoltura, non più violata da cacciatori di reperti e avidi commercianti”. Ma ancora di più, il lascito “che vogliono spingerci a desiderare la pace e l'unità tra gli uomini”. 

Citando Charlie Chaplin, che ne "Il grande dittatore" già denunciava gli orrori della guerra (passata) e prevedeva quelli della guerra in corso: “In questo mondo c'è posto per tutti, la natura è ricca e sufficiente per tutti noi. L'aviazione e la radio hanno ravvicinato le genti: la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell'uomo, la fratellanza universale, l'unione dell'umanità. Soldati, non combattete per la schiavitù: battetevi per la libertà”.

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