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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Genitori e figli massacrati dai ladri: 31 anni fa la strage che sconvolse Brescia

Il triste anniversario della tragedia

“In memoria della famiglia Viscardi”: e poi, di seguito, tutti i nomi delle vittime delle strage di Torchiera, il 16 agosto del 1990 a Pontevico, ovvero Giuliano, Maria Francesca e Luciano Viscardi, padre e figli, e Agnese Maringoni, madre e moglie. Così recita la targa che verrà inaugurata, in occasione della tradizionale messa in ricordo dei familiari che ogni anno viene celebrata nella casa dove si consumò la tragedia: l'inaugurazione del monumento commemorativo, fa sapere il Comune, è programmata per le 10.30 circa.

La memoria di quella notte maledetta

Come ogni volta, la memoria torna a quella notte maledetta. Era la notte di Ferragosto, tra il 15 e il 16: genitori e figli vennero uccisi a colpi di pistola da Ljubisa Vrbanovic, noto come Manolo, e Ivica Bairic, criminali jugoslavi originari della Serbia. In quei pochi e terribili minuti morirono, uccisi dai freddi colpi dei killer, i giovani fratelli Luciano e Maria Francesca, i genitori Agnese e Giuliano. Si salvò soltanto Guido Viscardi, ultimo (e unico) testimone di quella notte. Fu lui a scoprire cos'era successo, la mattina seguente.

Abitava a poche centinaia di metri di distanza. Si dice che il sangue ancora scorresse dalla porta. Gli inquirenti trovarono i segni di cinque colpi di pistola: solo uno finì tra il muro e il calorifero, gli altri purtroppo centrarono il bersaglio. La famiglia Viscardi, una famiglia per bene, imprenditori agricoli, abitava in una villetta della frazione di Torchiera. Ma dopo più di 30 anni ancora non si conosce il reale motivo di quella drammatica mattanza.

La ricostruzione degli inquirenti

L'ipotesi è quella di una rapina finita male. Sembra che Luciano, all'epoca aveva 29 anni, avrebbe provato a reagire alle angherie dei malviventi. Questi, per tutta risposta, avrebbero cominciato a sparare. Erano criminali di professione, arrivati dalla ex Jugoslavia dove già si respirava l'aria del nazionalismo, dell'odio e della sanguinosa guerra che arriverà di lì a poco. Le indagini della Polizia di Stato furono rapide e precise.

Banditi in fuga, sparatorie e arresti

Grazie alle testimonianze raccolte riuscirono a risalire all'auto con cui i banditi avevano raggiunto la casa, un taxi Mercedes rubato a qualche centinaio di chilometri di distanza. Su quel taxi c'era anche un telefono, utilizzato dai presunti rapinatori per chiamare in Serbia: fu questa la pista che permise agli inquirenti di individuare e arrestare i malviventi solo pochi mesi, nell'autunno successivo. Bairic riuscirà a fuggire, ma morire in un furioso scontro a fuoco con la polizia. Vrbanovic, detto Manolo, verrà invece catturato, processato e condannato a 40 anni di carcere. Sarebbe morto di tumore nei primi mesi del 2014.

Una lunga e drammatica scia di sangue

Così “I bellissimi a mano armata” ricordano quel “Ferragosto di sangue”. Era il tempo del terrore, “tra massacri, stupri e rapine. In tutta Italia si è scatenata la caccia alla banda della Magnum. La mattanza più grave in una villetta di Pontevico: Ljubisa Vrbanovic detto Manolo ammazzò uno dopo l'altro a colpi di pistola i coniugi Giuliano e Agnese Viscardi, i due figli Luciano e Francesca. Ma la scia di efferatezza lasciata dal killer dagli occhi gialli è molto più lunga. Il copione però è sempre lo stesso: crudeli, beffardi, eccitati dalla cocaina. Manolo e i suoi compari (il fratello Misa, Ivica Bairic, Ivico Bajovic) assaltano villette isolate. Se ci sono donne, le violentano. Se qualcuno reagisce, sparano. Senza pietà”

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