La scure del Covid sui bresciani: persi due anni e mezzo di vita
I dati Istat sugli effetti drammatici della pandemia da coronavirus
Il Covid ha tolto due anni e mezzo di vita ai bresciani, quasi tre agli uomini e poco più di due alle donne: un salto indietro di oltre 15 anni che ha portato l'aspettativa di vita, nel 2020, ai livelli del 2004 (se non peggio). Ma la furia del coronavirus ha fatto ancora più danni a Bergamo (-3,75 anni in meno tra uomini e donne), Cremona (-3,8 anni), Lodi (-3,7 anni) e Piacenza (-3,3 anni), quest'ultima unica provincia non lombarda inserita nel triste elenco delle zone più colpite dalla prima ondata, ormai un anno e qualche mese fa.
Sono i numeri resi noti dall'Istat e che confermano, per l'ennesima volta, quanto sia stato drammatico l'impatto del Covid sulla mortalità nel corso di tutto il 2020, con il picco concentrato nelle zone più colpite ancora a marzo e aprile, e la recrudescenza dei mesi di novembre e dicembre (la seconda ondata).
L'aggiornamento Istat sul Bes dei territori
I dati sono contenuti nell'aggiornamento annuale del sistema di indicatori del Bes, il Benessere equo e sostenibile dei territori: tra questi, appunto, anche l'indicatore sulla speranza di vita, che dopo anni di crescita inarrestabile ha subito una drammatica frenata lo scorso anno, facendo registrare (rispetto al 2019) una contrazione pari a 1,2 anni in tutta la penisola, attestandosi a 82 anni (79,7 per gli uomini e 84,4 per le donne). A livello provinciale, dice ancora l'Istat, la speranza di vita si riduce nelle aree del Paese a più alta diffusione del virus durante la fase iniziale della pandemia.
La speranza di vita spezzata dal Covid
Nel triste elenco non manca dunque la provincia di Brescia: tra gli uomini scende di 2,8 anni, dagli 81,3 del 2019 ai 78,5 del 2020, riportandosi quasi ai livelli del 2004 (77,7 anni); è in calo di 2,2 anni anche tra le donne, dagli 86,1 del 2019 agli 83,9 del 2020 (nel 2004 era di 84,4 anni). Tra le province più colpite, come detto, ci sono anche: Bergamo, -4,3 per gli uomini (da 81,2 a 76,9 anni: nel 2004 erano 77,9) e -3,2 per le donne (da 85,7 a 82,5, nel 2004 erano 83,9); Cremona, -4,6 per gli uomini (da 81,5 a 76,9 anni, nel 2004 erano 77) e 2,9 per le donne (da 85,4 a 82,5, nel 2004 erano 83); Lodi, -4,5 per gli uomini (da 81,8 a 77,3 anni, nel 2004 erano 76,8) e -2,9 per le donne (da 85,6 a 82,7, nel 2004 erano 83,3); infine Piacenza, -3,8 per gli uomini (da 81,4 a 77,6, nel 2004 erano 77,4) e -2,8 per le donne (da 85,5 a 82,7, nel 2004 erano 83,4).
Riduzioni meno marcate si osservano a Pavia (in media -2,4 anni tra uomini e donne), Vercelli (-2,3 anni), Lecco e Parma (-2,2 anni), ma la tendenza è uniforme in tutta la penisola, anche nel Mezzogiorno (a Foggia -1,7 anni, a Enna -1,5 anni) salvo la provincia di Siena, l'unico territorio italiano a non aver subito peggioramenti.
L'ecatombe lombarda della prima ondata
E' la conseguenza di quella che in alcuni territori è stata una vera ecatombe, interrotta in parte dal lockdown totale di un anno e mezzo fa. Sono sempre i dati Istat a confermarlo: in provincia di Bergamo, a Nembro nel mese di marzo si contavano (media storica dal 2015 al 2019) 12 morti l'anno, nel 2020 sono stati 152; a Dalmine da 16 morti a 125, a Clusone da circa 10 a 94, a Brembate Sopra da 7 a 85, ad Albino da 14 a 147, ad Alzano da 10 a 114, a Seriate da 16 a 139, a Zogno da 8 a 90. Tra i paesi bresciani più straziati ricordiamo Orzinuovi, passato dagli 11,4 morti in media di marzo ai 98 morti del 2020, e Palazzolo, da 14,2 a 100 (e ancora 28 nel marzo 2021). Il capoluogo, infine, ha fatto registrare un eccesso di mortalità (nel 2020) pari al +217% a marzo, +125% ad aprile, +45% a novembre, +24% a dicembre. A livello lombardo, per la prima volta da anni, il totale dei residenti nel 2021 è sceso sotto quota 10 milioni.