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Era il 3 agosto di 100 anni fa: così il Carmine si rivoltò contro le camicie nere

Il quartiere che si ribella alle Camicie nere

Il Carmine ribelle, lo era già più di un secolo fa. Ma all'epoca si lottava per davvero: per un ideale, per un mondo migliore, anche solo per difendere il salario o il posto di lavoro, per resistere all'onda nera del fascismo, gli albori della dittatura anti-operaia promossa e sostenuta dalla grande borghesia italiana (altro che movimento popolare, macché: fu la risposta dello Stato al "biennio rosso", ai moti rivoluzionari di quegli anni trascinati dalla Rivoluzione d'ottobre). C'è una data in particolare che è rimasta negli annali, e di cui si celebra nel 2022 il centesimo anniversario: fu una vera battaglia, tra le vie del Carmine, tra gli abitanti e i lavoratori - quelli sì che erano "popolari" - e le Camicie nere del nascente regime, solo pochi mesi prima della Marcia su Roma.

Lo sciopero

Il 2 agosto 1922 anche Brescia era in sciopero, come tutta Italia: contro lo squadrismo e il fascismo nascente, per la difesa delle libertà sindacali e politiche. Ci furono scontri: sassate e colpi di pistola, da una parte i lavoratori in sciopero e gli Arditi del popolo (una delle prime organizzazioni antifasciste) e dall'altra le guardie regie, nel mezzo le Camicie nere sapevano già da che parte stare, erano già schierati con lo Stato, dalla parte degli oppressori contro gli oppressi. Ma fu soltanto l'inizio. Nella notte vennero aggredite due guardie regie. E al Carmine si scatenò la battaglia: contro la polizia e contro i fascisti.

I fatti del 3 agosto

"L'arrivo della polizia, all'alba del 3 agosto - scrive Enrico Mirani sul Giornale di Brescia - fu accolto da una gragnuola di coppi, sassi, suppellettili e anche da alcuni spari. Via Capriolo, Vicolo Due Torri, Via Battaglie, Corso Garibaldi divennero teatro di guerra. Un ufficiale fu ferito in modo grave, due operai furono falciati dai colpi delle guardie: Paolo Butturini, 53 anni, e Arturo Frattini, 15. In poche ore la polizia effettuò una settantina di arresti tra la gente del quartiere". Il giorno successivo vi fu un agguato delle Camicie nere, che uccisero "un materassaio che non c'entrava nulla".

Nei giorni a seguire il quartiere venne circondato da guardie regie e guardia di finanza, "una vera e propria occupazione militare", scrive ancora Mirani: poi nella notte tra il 7 e l'8 agosto "si scatenò la vendetta fascista, un migliaio di Camicie nere sbarcò a Brescia, vennero attaccate la Casa del popolo, il Circolo dei lavoratori, la Camera del lavoro".

Il Carmine ribelle

Il fascismo in ascesa non poteva che colpire il Carmine, già allora quartiere simbolo della città. Tra il 1919 e 1920 (il biennio rosso) anche Brescia è attraversata da scioperi e proteste: "E' la classe operaia che insorge e che fa sentire la propria voce - scrive Francesca Scotti su Bresciasilegge.it - E' tutto un movimento di masse popolari che si irradia dal Carmine, centro nevralgico di ribollenti insoddisfazioni e propositi di riscatto. Il movimento di protesta si allarga anche ai quartiere limitrofi, trova terreno fertile nell'ancora esistente quartiere delle Pescherie e finisce con l'essere abbracciato da un ampio ventaglio di lavoratori, unendo così operai, contadini e anche militari".

Non sarà rivoluzione, non ci sarà più da nessuna parte dopo il 1917. Ma ci sarà da resistere: "L'area urbana che più di tutte si oppone in maniera esplicita al fascismo è il quartiere del Carmine, insieme alle limitrofe zone popolari - scrive ancora Scotti - E' qui che si concentra il primo antifascismo, non propriamente organizzato ma tenace e incrollabile: grande rilievo rivestono il partito socialista, quello comunista e gli Arditi del popolo: è l'humus da cui germineranno, anni dopo, i variegati contributi di cui sarà intessuta la Resistenza bresciana". Il libro a cui fa riferimento è "Il Carmine ribelle", scritto da Marco Ugolini e pubblicato da Red Star Press: sottotitolo "Storia dell'antifascismo nei quartieri popolari del centro storico di Brescia".

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