Non era Conte quello dei decreti all'ultimo? Perché Milano non fu chiusa a ottobre?
L'editoriale
Da oggi Brescia è tornata in zona arancione, dopo l'ordinanza firmata da Fontana. Un provvedimento giusto e improcrastinabile, vista la situazione epidemiologica dalla nostra provincia, un caso anomalo in tutta Italia dovuto al dilagare della variante inglese.
C'è da chiedersi perché, prima della caduta del governo Conte e del ritorno al governo della Lega e del gran capo Salvini, il nostro governatore non sia mai intervenuto con chiusure mirate, aspettando che arrivasse l'esecutivo di centrosinistra (sempre sia possibile mettere i 5 Stelle da qualche parte) a prendere le decisioni più impopolari.
Col nuovo governo Draghi, invece, sembra più baldanzoso il Fontana: oltre alla zona arancione "col rinforzino", vengono in mente i cinque comuni finiti in zona rossa, tra cui Castrezzato. Perché non è stato così risoluto quando c'era da chiudere Milano e hinterland ad ottobre con la seconda ondata? Perché si è aspettato che l'intera regione finisse in lockdown? E non era Conte quello che faceva i decreti il giorno prima delle chiusure? Oggi la zona arancione per Brescia è stata annunciata alle 12.30 ed è entrata in vigore alle 18: al confronto i Dpcm di Conte erano piani quinquennali della Repubblica Popolare Cinese.
Ma adesso a Roma c'è il "tutti dentro" e il sipario dell'opposizione, sempre sdegnata per le nefaste scelte 'contiane', si è aperto svelandoci Giorgia Meloni sola soletta sul palcoscenico (ma coerente con le sue idee). Il resto erano urla di facciata: nella politica italiana, con un paio di ministeri persino il più rabbioso degli indignati smette d'abbaiare (e a catena si adeguano le varie cucciolate). Anche durante una simile emergenza, la collaborazione nazionale è stata scambiata per una spartizione di potere.