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Miguel Gotor e le stragi d’Italia: «Ferocia endemica, perfida e selettiva»

Al Sancarlino di Corso Matteotti una vera lezione sulle stragi d'Italia, da Piazza Fontana a Piazza Loggia. Troppi depistaggi, troppi coinvolgimenti: una storia che ancora oggi non ha colpevoli, e non ha giustizia

La parabola dello stragismo e della lotta armata secondo Miguel Gotor, dall’Università di Torino, nell’ambito delle manifestazioni che ricordano la strage di Piazza della Loggia, 38 anni dopo e senza una vera giustizia, senza i veri colpevoli. Ieri sera al Sancarlino “ricerca storica e strategia della tensione”, un lungo viaggio nel passato che non si dimentica, quegli anni bui del terrorismo: “Una ferocia endemica, perfida e selettiva, che ha determinato e influenzato la storia della nostra democrazia repubblicana. Una democrazia limitata, condizionata sul piano della qualità proprio da quella crudeltà tutta italiana che contraddice i soliti stereotipi, l’eterno compromesso, gli italiani brava gente. Quelle vicende ci ricordano a quale prezzo, in termini di vite umane, è stato raggiunto il compromesso italiano”.

La strategia della tensione, fu The Observer per primo a coniare questo termine, “un modello di comportamento sovversivo” cominciato nel 1969, la bomba allo stand FIAT alla Fiera Campionaria, le otto bombe in otto diversi treni, la strage di Piazza Fontana. “Attentati che sono come un embrione – ancora Gotor – la cellula base di quella realtà mostruosa che ha distrutto e dilaniato corpi e famiglie. Un disegno e un progetto, un’escalation terroristica, un’organizzazione predisposta al terrore”. Gli strateghi del terrore, con l’obiettivo (dichiarato o meno) di “tenere l’Italia nella morsa della paura”, e poi l’Italicus, e poi Piazza della Loggia.

Ma quali sono le interpretazioni, quali furono i moventi, anche politici? “Attribuire la responsabilità degli attentati alla sinistra, agli anarchici, con appositi depistaggi, rallentare i processi e l’accertamento della verità con una precisa tecnica dilatatoria che purtroppo ha sempre funzionato”. Pensando ancora alla Loggia, a quella pulizia troppo rapida, la scomparsa dei vestiti e dei reperti, le prove che diventano allora monche e allora inadeguate. “Una trama manifesta, favorire il golpe militare. E una trama nascosta, ma ancora più vera. Mantenere lo status quo per fermare l’avanzata delle forze progressiste, i comunisti. Per una democrazia secca, tutelata, per non accogliere le ragioni del progresso civile, le richieste salariali. Ma quando ci sono di mezzi altri poteri istituzionali la magistratura può solo indagare, non può condannare”.

“Ispiratori occulti, trasversalmente presenti, nel ceto politico, nella stampa, nei servizi segreti, nelle forze armate. Mentre con il terrorismo rosso la magistratura si è dimostrata straordinariamente efficiente, con il terrorismo neofascista si è dimostrata straordinariamente inefficace. Una sperequazione di risultati, fatta di connivenza e ostruzionismo”. Pure gli attentati falliti, le false piste, i tanti nomi che ora si conoscono ma che forse si conoscevano anche prima: Giovanni Ventura, Vincenzo Vinciguerra, Gianfranco Bertoli. Le interpretazioni più disparate, a volte lontane dalla verità, a volte vicinissime.

Miguel Gotor fa il suo lavoro di storico, e arriva fino al punto: “Dalla strage di Stato ai teorici del terrorismo fascista, Evola e Rauti. I servizi segreti, anche atlantici, l’estrema destra e i settori militari. La paura della guerra comunista, delle rivendicazioni salariali, di una presunta ondata rivoluzionaria. Lo ha scritto Walter Rubini, con uno pseudonimo, quando parlava del segreto della Repubblica. La strategia della tensione, propiziata da Saragat e Rumor, che prevedeva una serie di piccoli attentati, non tutte le stragi, e non tutti quei morti. Ma nel 1969 il SID già sapeva, già informava i ministri. Un’altra storia italiana, per il compromesso istituzionale e politico della nuova democrazia”. A che prezzo, si ripete in sala. A che prezzo.

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