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Fabio Rolfi sulla Legge Harlem: “Non repressione, ma prevenzione”

La proposta di legge se approvata diventerà "uno strumento in mano ai sindaci", costretti a muoversi e legiferare in un "contesto normativo lacunoso". Il vicesindaco sicuro: "Servono nuovi strumenti, un centro massaggi va controllato"

Anche quest’anno si è concluso il raduno annuale della Lega Nord a Pontida, anche quest'anno senza il grande colpo di scena che tutti si aspettavano. Il numero uno del Carroccio Umberto Bossi ha rinviato il ribaltone a data da destinarsi: “Non è detto che alle prossime elezioni andremo con Berlusconi, dipenderà dalle scelte che verranno fatte”. E’ stato invece Roberto Maroni, indicato a gran voce dalla folla come miglior candidato alla presidenza del Consiglio, a farsi carico dei temi portanti con cui la Lega ha conquistato l’elettorato del Nord Italia, immigrazione in primis.

Ne abbiamo parlato con Fabio Rolfi, vicesindaco di Brescia e neo Assessore alla Mobilità, proprio mentre in Regione si discute della cosiddetta Legge Harlem per regolamentare e regolarizzare attività commerciali e non, evitando la ‘ghettizzazione’.

“Questa è una legge che prende spunto da Harlem – spiega Rolfi – divenuto oggi un quartiere tranquillo, vissuto e apprezzato, grazie non soltanto ad azioni repressive ma anche di prevenzione, come noi vogliamo fare. Una volta approvata penso che possa essere uno strumento importante per i sindaci, chiamati spesso ad affrontare problemi attualissimi in un contesto normativo lacunoso, con provvedimenti necessariamente inventati. Occorre cambiarla questa normativa, perché i problemi che abbiamo oggi, dall’eccessiva presenza di attività etniche  fino alle problematiche di alcune nuove categorie commerciali, come i phone center di qualche anno fa e i centri massaggi oggi, ripeto, sono realtà che si diffondono in un contesto normativo lacunoso”.

Secondo Rolfi si tratta di una necessità evidente, sulla quale non si può e non si deve soprassedere: “Un centro massaggi non può aprire con una semplice comunicazione in Camera di Commercio, senza nessun controllo a monte su chi fa i massaggi o su dove vengono i capitali, o sulla società. Esiste anche un problema legato ai prezzi. Come fa un parrucchiere ad esempio cinese a fare un taglio capelli a cinque euro quando un commerciante italiano non ci sta dentro con i 10/15 euro?”. Alcuni lamentano i troppi controlli, altri ne lamentano troppo pochi: “I controlli non sono mai eccessivi, noi controlliamo tutti. Certo, sarebbe giusto controllare con maggiore insistenza realtà di origine straniera, perché è da lì che nascono i problemi”.

“In alcune comunità – sottolinea Rolfi – l’attività commerciale è vista come luogo di incontro e di aggregazione. Questo comporta problematiche di relazione con il quartiere. Sono problemi legati al flusso migratorio, un fenomeno che andrebbe gestito meglio. Non possiamo avere quartieri esclusivamente mono etnia, questo è il contrario dell’integrazione!”.

“Integrazione significa integrarsi – conclude – in un contesto sociale e culturale diverso dal tuo, e non cambiarlo completamente”.

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