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Primo Maggio Brescia: «Siamo uomini, non merce da utilizzare a piacimento»

La Festa del Lavoro anche a Brescia, il corteo dei lavoratori da Piazza Garibaldi per le strade della città: "Lottiamo per un modello di società dove chi lavora venga considerato per quello che è, uomini e donne da rispettare"

E’ passato davvero più di un secolo da quel lontano 1886 eppure il Primo Maggio sembra sempre più giovane, e sempre più attuale. Alla nuova ondata di ristrutturazioni che si abbatte sull’Italia i lavoratori rispondono come possono, alzano le loro bandiere e cercano di tenere alta la loro dignità. La difesa della dignità di tutti i salariati, e il corteo bresciano che parte da Piazza Garibaldi, arriva fino alla Loggia, a Piazza Mercato e a Piazza Rovetta. Ieri c’erano proprio tutti per le strade della città, il corteo unitario di CGIL, CISL e UIL (anche se separati in casa), i cosiddetti antagonisti (quelli con le bandiere NO TAV), i marxisti di Lotta Comunista, forse l’organizzazione che più ha celebrato questa data storica. Un solo corteo e tre diversi comizi, e sul palco principale di Piazza Loggia anche Carla Cantone della segreteria nazionale della SPI Cgil.

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Ci piace raccontarla tutta questa mattinata, sentire tutte le voci della manifestazione. Dal ricordo dei morti del 28 maggio 1974, che ancora oggi aspettano giustizia, fino alle note ripetute dell’Internazionale, suonata dalla banda e riprodotta dai megafoni. In fondo l’ha detto pure Monti, il reintegro dal licenziamento sarà un’assoluta eccezione. “Lottiamo per un modello di società dove chi lavora venga considerato per quello che è, uomini e donne da rispettare, non una merce da assumere e licenziare a piacimento. Per trasmettere parole di speranza e di democrazia, anche quando si vivono queste difficoltà. Per uscire a testa alta dalla crisi, e non sottomessi ai grandi poteri economici e finanziari”.

Primo Maggio a Brescia - © Bresciatoday.it


Con una forte critica al lavoro imposto, anche nei festivi, e i ragazzi dei centri sociali che occupano perfino la PAM, anche se solo per qualche minuto. E ancora, la FIOM fuori dalle fabbriche: “In Italia la Fiat, a Brescia l’Iveco. Ci vogliono portare via il diritto di rappresentanza, il diritto di potersi iscrivere al proprio sindacato senza aver paura di essere buttati fuori”. E dai palchi si parla di lavoro e futuro, del cinismo di questa società, della crisi. “Il lavoratore senza tutela è lasciato solo, quasi in mezzo alla strada. Faremo di tutto affinché il sindacato si batta per la difesa delle grandi conquiste del movimento operaio, il diritto di assemblea, lo Statuto dei lavoratori. L’Articolo 18 sarà la bandiera su cui organizzare la resistenza di classe”.

Il comizio di Carla Cantone, segretario generale nazionale Spi Cgil

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Si tratta proprio di questo, andare oltre l’ipocrisia per lottare contro lo sfruttamento. “In tempi di crisi e in piena recessione produttiva come si fa a trovare un posto di lavoro? Intanto si vuole sancire la massima libertà di licenziamento, e contratti interinali, a progetto, la busta paga come un ricatto. Quasi a voler sfregiare una giornata importante come questa, una data non solo simbolica che nessuno potrà mai toglierci”. Allora si riparte da qui, ancora una volta si ricomincia. Accogliendo con un sorriso forse amaro il sole che in tarda mattinata appare alto nel cielo, come se volesse dare un bacio a tutti i lavoratori scesi in piazza ieri, con le bandiere e con le coccarde. “In Italia, in Europa e nel mondo. Nessuno può impedirci di sognare”. Guardando ancora in alto, e ripensando ai 165 morti sul lavoro dall’1 gennaio a oggi, 325 con i lavoratori morti sulle strade e in itinere. L’ultimo di questa tragica lista si chiamava Vasile Copil, è morto in cantiere proprio ieri, a L’Aquila, proprio nel giorno della Festa del Lavoro.

E ci sta pure il dovuto omaggio a quelli che la storia ricorda come i martiri di Chicago. “Voi mi accusate di assassinio, ma in che cosa consiste il mio crimine? Nel fatto che ho lavorato per l’edificazione di un sistema sociale nel quale non si vedranno più gli uni accumulare i milioni, e gli altri morire di fame e di miseria. Come l’acqua e l’aria sono a disposizione di tutti, bisogna che la terra e le invenzioni scientifiche degli uomini siano utilizzate per il bene di tutti. […] L’operaio è colui che lavora per un salario e il cui unico mezzo di sussistenza è la vendita della propria forza quotidiana, ora per ora, giorno per giorno, settimana per settimana, mese per mese, anno per anno”.

E ancora: “Questa classe di persone compie da sola tutto il lavoro utile e produttivo di questo Paese, è alla mercede e alla mercé della classe proprietaria. […] La storia dell’umanità è una storia di progresso, fatta di evoluzione e rivoluzioni. Tracciare una demarcazione tra evoluzione e rivoluzione, dove comincia l’una finisce l’altra. Evoluzione e rivoluzione sono sinonimi. […] Ho scelto la mia strada, e oggi sto qui sul patibolo. Sono stato infedele e traditore verso le infamie dell’odierna società capitalistica. Se per voi questo è un delitto, confesso di essere colpevole”.  George Engel e Albert Parson, nel 1886.

Si ringrazia Lea Giacopuzzi per la preziosa collaborazione

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