rotate-mobile
Politica

Guerra in Lega: Rolfi «grazia» il Trota. Gallizioli: «Monica Rizzi deve lasciare»

Dopo l'espulsione dal partito di Rosy Mauro e Belsito, continua il fuoco incrociato tra i Lumbard. Gallizioli al nome della Rizzi vede ormai rosso. Rolfi: "Non si possono dare tutte le colpe a un ragazzino di vent'anni"

Rosy Mauro non molla la vicepresidenza del Senato, e Umberto Bossi, insieme agli altri big del Carroccio non può far altro che espellerla. Ha disubbidito ad un ordine di scuderia del partito e, come si legge nel verbale del Consiglio Federale, non c'erano alternative.

Come previsto è stato espulso anche Francesco Belsito, mentre il caso Renzo Bossi, già dimessosi da consigliere regionale della Lombardia - si spiega - non era all'ordine del giorno. Una fotografia che inquadra Roberto Maroni come vincitore di questa prima 'battaglia' che avvicina il partito al Congresso, anticipato al 30 giugno.

E che vede il Senatur tormentato per la decisione di 'cacciare' la 'pasionaria' della Lega dal partito. E allo stesso tempo deciso ad andare fino in fondo nel chiarimento: "Se si accerterà davvero che qualcuno della mia famiglia ha preso dei soldi appartenenti alla Lega farò un assegno per rimborsare l'intero importo", ha detto durante la riunione.

Rabbiosa la reazione di Rosy che si era presentata a sorpresa al Consiglio per perorare la propria causa e lo lascia con un atto di accusa: "Il rancore ha prevalso sulla verità". "La mia epurazione era già scritta" aggiunge la vicepresidente del Senato con il volto stanco e tenendo in mano un foglio con gli appunti delle cose essenziali da dire.

A una nota scritta affida invece il commento 'politico' sulla sua fine in Lega: "L'unanimità è stata imposta con un ricatto politico". Comunque "mi sono tolta un peso dal cuore, perché non potevo stare nell'ambiguità e nell'ipocrisia" conclude davanti ai microfoni, assicurando di non sentirsi tradita da Umberto Bossi. Rosy Mauro non ha chiarito che cosa farà adesso, dopo l'espulsione. "Valuterò tutto, si fa un passo alla volta", ha risposto a proposito di possibili sue dimissioni dalla vicepresidenza del Senato.

La lunga giornata di Rosy Mauro era incominciata alle 16.15, con il suo arrivo, a sorpresa, al Consiglio federale. Ieri mattina era a Roma, nel suo ufficio, e sembrava volesse attendere lì le decisioni del Federale. Poi è arrivata, quando tutti i vertici, compresi Bossi e Maroni, erano già all'interno. Un arrivo ben visibile: lei che scende dall'auto di fronte alle telecamere, accompagnata dal suo caposcorta, Pierangelo Moscagiuro.

La parte 'drammatica' del Federale però non è incominciata subito, prima c'é stato il confronto sulla convocazione del congresso federale, anticipato al 30 giugno-1 luglio, come promesso da Roberto Maroni martedì sera a Bergamo. Quindi la discussione si è spostata sui provvedimenti per "fare pulizia" nel movimento dopo l'emergere delle inchieste giudiziarie sull'utilizzo dei rimborsi elettorali della Lega. Raccontano i presenti che sul destino di Belsito ci sia stata poca discussione.

La vicepresidente del Senato invece ha tenuto il punto a lungo. Ha ripetuto l'autodifesa già illustrata da Bruno Vespa: mai presi soldi e "non ci sto a pagare per tutti". Con toni decisi ma non eccessivi, se non quando ha dovuto parlare del trattamento ricevuto dalla stampa. "Rosy Mauro ha avuto una reazione orgogliosa di cui bisogna darle atto e ha spiegato che lei non c'entra nulla - così le ha reso l'onore delle armi Giancarlo Giorgetti - Si è difesa con caparbietà. Ma la questione era un'altra".

A un certo punto si è dovuto decidere, e secondo molti dei presenti Maroni ha chiesto pulizia e chiarezza "completa", minacciando di dimettersi dal triunvirato se non si fosse messa ai voti l'espulsione della Mauro. Bossi fino all'ultimo ha cercato di convincere Rosy, ha insistito perché si dimettesse da vicepresidente del Senato. Inutilmente. Ne è nato anche un giallo sulla effettiva presenza, durante il voto del Senatur. Giallo poi chiarito dal verbale nel quale si fa riferimento ad una votazione "all'unanimità".

Fabio Rolfi, segretario provinciale bresciano, giudica l'espulsione della Mauro "inevitabile", dopo il suo rifiuto di fare un passo indietro in Senato, mentre sul Trota cerca di smorzare un po' i toni, anche se post festum, avvero dopo le sue dimissioni, il gioco sembra piuttosto facile: "Continuo a pensare che non si possono addossare tutte le responsabilità ad un ragazzo di ventanni". Non si ricorda, tuttavia, nessuna campagna "Salvate il soldato Trota" da parte del vicesindaco bresciano.

La caccia alle streghe in Lega non sembra comunque finita. La ricercata numero uno resta Monica Rizzi. Ce lo ricorda il capogruppo in Loggia Nicola Gallizioli, secondo il quale saranno necessari altri "passi indietro", in primis - appunto - quello della Rizzi, "che ha la responsabilità per la scelta sbagliata di avere sostenuto Renzo Bossi, le sue dimissioni sono state chieste da tutta la Val Camonica".

Ma Beppe Donina e Silvia Razzi, rispettivamente consigliere provinciale e assessore nella giunta di Daniele Molgora, non ci stanno: "Quale sarebbe la colpa della Rizzi? La decisione di candidare Renzo nel collegio bresciano non è stata sua ma delle segreterie".
Quel che è certo, Rizzi o non Rizzi, è che la guerra fratricida interna alla Lega è solo all'inizio.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Guerra in Lega: Rolfi «grazia» il Trota. Gallizioli: «Monica Rizzi deve lasciare»

BresciaToday è in caricamento