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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Una diga sul lago d’Idro: «Errore clamoroso, non cederemo al ricatto»

Comitati e associazioni contro il nuovo decreto firmato dalla Regione Lombardia sulla messa in sicurezza del lago e del territorio circostante: "Un ricatto bello e buono, non si può parlare di sicurezza quando si parla di diga"

“Un ricatto bello e buono. Non c’è altro modo di interpretarlo”. Non la mandano a dire i comitati (Salviamo il Lago d’Idro), le associazioni (Amici della Terra e Legambiente), il coordinamento delle Pro Loco di Anfo, Idro e Bondone in merito al nuovo decreto presentato dalla Regione Lombardia il 27 gennaio scorso, protocollo numero 488 che prevede la messa in sicurezza del territorio del lago d’Idro attraverso la realizzazione di una nuova galleria di scarico, nuove paratoie e altre amenità. In funzione di un solo grande investimento: una maxi diga che cambierà le cose (e non poco), che cambierà il paesaggio, che cambierà l’ambiente. “Questo va detto e ripetuto – racconta a BresciaToday Aldo Armani, portavoce delle citate associazioni – La Regione ha manifestato il suo chiaro interesse per la costruzione di una grande diga, un bacino artificiale. Con il gioco della messa in sicurezza cercano di nascondere la speculazione. Basta contare le centrali idroelettriche presenti a valle del fiume Chiese, sono circa una ventina. Ma il lago d’Idro non può essere trasformato in bacino e riserva per queste centrali”.

Tutto è cominciato il 5 agosto 2008 con la sottoscrizione da parte delle quattro amministrazioni coinvolte (Anfo, Idro, Bagolino e Lavenone) di un accordo di programma non molto diverso dal nuovo decreto 488. Ma i sindaci che allora firmarono hanno poi perso clamorosamente le successive elezioni amministrative: “Mi sembra che i cittadini il loro parere lo abbiano già espresso, non votando chi non ha voluto tutelare l’ambiente del loro territorio. Oggi le nuove amministrazioni si sono già impegnate e hanno dichiarato un deciso NO al decreto di gennaio. I sindaci che non hanno firmato sono quelli di Anfo e Idro, due Comuni che da soli hanno il 90% delle acque del lago. Ma Bagolino e Lavenone sono invece favorevoli, e anche se geograficamente c’entrano poco pesano moltissimo sulla decisione finale, e così facendo fanno il gioco della Regione”.

Opinioni differenti, nuove complicazioni. “Di certo facciamo una cattiva figura. Mi sembra assurdo e incoerente che una comunità non riesca ad esprimersi allo stesso modo su una questione così importante, una questione che riguarda l’ambiente di tutti. Dovremmo essere tutti uniti nella difesa del territorio, per avere un peso ancora maggiore”. Ma il progetto regionale non sembra più così sicuro. Anche il ministero dell’Ambiente ha espresso qualche perplessità: non tutte le norme sono state rispettate, manca una precisa valutazione sismica, in terra trentina vi è anche un celebre SIC Sito di Interesse Comunitario. E questo ritornello ricorrente, la messa in sicurezza. Ma quanto c’è di vero? “La Regione vuol fare la diga, punto e basta. Ma come per tutte le opere d’ingegneria idraulica dovrà essere asservita da uno scarico di fondo, e sappiamo bene che la Galleria degli Agricoltori è stata dichiarata fuori uso, e può essere utilizzata solo in casi eccezionali, in caso di una vera emergenza idrica, e al massimo al 40% delle sue potenzialità. Il progetto prevede allora una nuova galleria, di oltre 600 metri, in una zona pericolosa e geologicamente instabile. A cosa si andrà incontro là sotto lo si saprà solo quando si andrà a forare. Senza parlare poi dei costi: tra diga e galleria si sono già preventivato 50milioni di euro, ma sono calcoli per difetto. Ci sono rischi sismici, rischi geologici, ogni errore potrebbe costare caro. Abbiamo ipotizzato un margine di spesa che può raggiungere i 100 milioni”.

Il problema da risolvere è un altro, e non si può parlare di messa in sicurezza con il progetto di una diga. “Il pericolo più grande sta nella Paleofrana, e l’unico intervento da porre in essere è proprio quello della messa in sicurezza della stessa. Se questa Paleofrana cade non diventa solo un tappo per il regolare deflusso del lago ma diventa un intoppo anche per la rete di viabilità, con sicure conseguenze anche sulla vita delle persone. Siamo convinti che come per tutti i laghi naturali del Nord Italia ci sia bisogno di una regolazione di sicurezza, ma nell’ordine del metro, massimo un metro e mezzo, e non di quasi 4 metri come previsto dal progetto! Sappiamo bene che in caso di esondazione della piena millenaria con la conseguente fuoriuscita del lago l’80% dell’acqua deve uscire per vie naturali, nel fiume Chiese, costituendo così un’ulteriore situazione di pericolo, con tutte le problematiche del caso”.

Una sfida ancora aperta, ma non più impossibile. “Se ragioniamo in termini economici la produzione di energia idroelettrica può fruttare fino a 200milioni di euro all’anno, nel pieno regime di attività. Facile immaginare le pressioni che subiscono la Regione e i poteri politici locali. Ma siamo ottimisti, ora ci sono parecchi pali in quella ruota che ad inizio 2008 girava così bene. Oggi questa ruota girà con molta più difficoltà”.

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