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Politica Via Sardegna, 24

Il silenzio della politica: «Italia Paese ingovernato e ingovernabile»

Carlo Galli a Brescia, quasi un anno dopo, per parlare di crisi e politica, di Italia e d'Europa. Con lui anche Marco Fenaroli e Franco Valenti, alla ricerca di una nuova credibilità, "per tutelare le fragilità che crescono"

Spazio alla politica, alla politica che non c’è più, largo anche al pensiero in un momento in cui c’è troppa superficialità e troppa improvvisazione. In una sala non pienissima ma comunque d’effetto, in una location che a guardarla dall’alto sembra un libro aperto, il centro parrocchiale di Santa Maria in Silva, in Via Sardegna. Tutto intorno la curiosità, e pure qualche raccolta di firme, per Legambiente e per il Comitato Al Lavoro con Brescia, per le primarie di coalizione in vista delle amministrative del 2013. Perché se il protagonista è il politologo Carlo Galli prima di lui parlano Franco Valenti e il candidato Marco Fenaroli: “Dobbiamo ricostruire la credibilità del centrosinistra, per tutelare le fragilità che crescono in un contesto come questo. La crisi verticale del capitalismo, lo sbilanciamento del potere tra capitale e lavoro, le sue distorsioni e le sue storture, i licenziamenti più facili, l’Articolo 18 che viene destrutturato. Per non parlare di Brescia, dove lo Stato sociale è delegato, dove il Comune non fa più niente. E gli immigrati, la sanità, le morti sul lavoro! Se la politica non si interessa di queste cose è solo autoproduzione, di potere, e di clientelismo”.

Il modello anche lombardo, dove “la politica è corrotta perché scende ai patti con il vero potere”. E del silenzio della politica infatti parla anche Carlo Galli. Nella strenua lotta di democratizzazione del potere dello Stato e del capitale le grandi rivoluzioni borghesi del ‘900, un Secolo che in fondo non è stato poi così breve, dalla reazione fascista ai moti operai degli anni ’20 fino alla socialdemocratizzazione dell’Occidente, la nascita e la crescita del ceto medio, prodotto (e sostegno) tipico delle democrazie non solo europee. Fino al neoliberismo, la rivoluzione conservatrice di Margaret Thatcher e Ronald Reagan secondo cui “la società non esiste, non ci sono tutele e non ci sono responsabilità”, insomma chi sbaglia paga senza possibilità di inclusione, “il pubblico è male e il privato è bene”.

-Carlo Galli: "Stato sociale e società pluralista"

La reazione piccolo-borghese allo Stato sociale, la “compressione del lavoro” che non è più soggetto politico ma “diviene faccenda privata”, mentre in Italia rimangono solo “ideologie, detriti e rottami”, un Paese di corporazioni dove “il Parlamento non conta più nulla” e il potere centrale praticamente scompare per il vantaggio delle “prepotenze locali”, ed ecco il nodo gordiano degli ultimi decenni, “se qualcuno vuole fare qualcosa per forza che non riesce”, perché il potere istituzionale e statale “non è in grado di mantenere l’ordine, è in grado solo di invocarlo”. Un Paese ingovernato e ingovernabile, facile preda delle vicissitudini dell’Europa che vuole cambiare, anche se l’Euro “non è una moneta europea ma una moneta tedesca”, e da Berlino e Francoforte le leggi per gli Eurobond, mentre Mario Monti ripete che “la condizione perché l’Europa avanzi è un accordo tra Italia e Germania”.

La via italiana all’europeismo, il Belpaese che secondo Galli vive di cicli cinquantennali di crescita ma anche di corruzione, “un sistema che tanto si espande e tanto si corrompe”, seguiti da ventenni d’estremismo, vedi Mussolini e vedi Berlusconi. In attesa dell’incubazione di una nuova elite, e le vecchie forze che ora Monti impersona, la Chiesa e le banche, la Confindustria, “che certo non sono fior fior di democratici”, e che visti i tempi “manca solo che sparano sugli operai”. E allora rimane la tecnocrazia a oltranza, quella che chiede il Corriere della Sera, oppure il nuovo welfare di Pierluigi Bersani (a Palazzo Chigi) e Pierferdinando Casini (al Quirinale). Ma, conclude Galli, “senza la ripartenza economica non si può fare nulla”, e qui ancora il silenzio della politica, il silenzio dell’Italia, e il monito dell’FMI che è poi quello della BCE, e ai tempi della Bundesbank: “Tutti devono attuare le riforme strutturali, per rafforzare la competitività. […] A lungo termine la soluzione è un’unione politica formalmente costituita”.

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