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Bombe ecologiche a Brescia: questione di vita o di morte?

Pro Lombardia Indipendenza: "Decenni di silenzio e inerzia da parte della classe politica"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di BresciaToday
Chi è solito sottovalutare le questioni ambientali probabilmente storcerà il naso di fronte all'interrogativo che mi sono posto nel titolo, ma ormai le emergenze sanitarie a Brescia sono tante e tali che non è più accettabile tacere o minimizzare.

E' grazie ai decenni di silenzio e inerzia da parte della classe politica locale e centrale se Brescia ha conquistato quest'anno il tragico primato di città più inquinata d'Europa (mentre solo due anni fa, l'Organizzazione Mondiale della Sanità indicava Brescia al quinto posto).

È il sito web Numbeo che tutte le settimane stila la classifica delle città più inquinate del mondo ( https://www.numbeo.com/pollution/rankings_current.jsp ) e da questa estate ha collocato Brescia al 56esimo posto (peggiore in Europa) , ben prima di Milano (87esima) , Barcellona (129esima) , Parigi (157esima) o New York (175esima).
 
Il peggioramento delle condizioni ambientali a Brescia è dovuto a fattori senz'altro tipici di ogni grande città, come le produzioni industriali, il riscaldamento o il traffico; ma mentre altri luoghi del mondo possono beneficiare di denaro da investire (in prevenzione e bonifiche) e potere decisionale da esercitare, Brescia non gode né dell'uno né dell'altro, grazie allo stato italiano.
 
Emblematici sono i casi dell'area Caffaro e della ex cava Piccinelli. La Caffaro è un'azienda chimica ormai in liquidazione dal 2009 che per decenni (a soli 900 metri dal centro città) ha contaminato suolo, sottosuolo e acque con PCB, diossine, mercurio e arsenico, tutti pericolosissimi elementi cancerogeni.
Come scrive lo storico, professore e ambientalista Marino Ruzzenenti "questi inquinanti non potevano, né potranno essere contenuti dentro il perimetro dell'azienda dai muri della stessa: questa enorme zolla di 110 mila metri quadrati di superficie per uno spessore di circa 30 metri è come un'immensa spugna, di 5 milioni di tonnellate di terreno, destinata a rilasciare all'intorno ed in particolare nella falda contaminanti per decenni".
 
L'emergenza riguarda gli abitanti di Brescia a sud della Caffaro, circa 25.000 persone, che forse non sanno che dopo Anniston negli USA la seconda città al mondo per gravità di inquinamento da PCB è proprio la nostra e che la contaminazione da parte di elementi cancerogeni è molto più grave a Brescia che a Taranto.
 
Di fronte a questo dramma le Giunte bresciane degli ultimi dieci anni (centrodestra e centrosinistra) si sono limitate a prorogare un'ordinanza che vieta di calpestare le superfici non coperte da asfalto o da cemento nelle zone contaminate e anche la nuova giunta Del Bono sta continuando la politica del basso profilo, con l'assessore che risponde alle interrogazioni di qualche consigliere comunale sempre allo stesso modo: il Comune non è competente e non ha poteri.
 
Il Ministero dell'ambiente, che aveva inserito il sito della Caffaro tra i siti di interesse "nazionale" in quanto fortemente contaminato e quindi da bonificare, avrebbe avuto il potere di intervenire già dal 2002 ma i governi di ogni colore politico che da allora si sono succeduti (Berlusconi, Prodi, ancora Berlusconi, Monti e Letta) non hanno stanziato un solo centesimo per la bonifica, nonostante i miliardi di euro che ogni anno i contribuenti bresciani versano a Roma.
 
Quest'anno l'emergenza Caffaro si è aggravata ancora. Nel 2011 la Caffaro chimica Srl in amministrazione straordinaria era stata rilevata da un gruppo societario toscano, che fino ad oggi ha svolto un'azione importante, pur non avendo l'onere della bonifica, cioè l'attività di pompaggio delle acque che mantiene la falda acquifera bassa ed evita la contaminazione di tutta la falda idrica bresciana.
 
Purtroppo pochi mesi fa la società ha annunciato l'intenzione di trasferire l'intera azienda in provincia di Udine, trasferimento che interromperebbe questa attività di pompaggio con il conseguente pericolo di disastro ecologico.
 
Ancora una volta non sarebbe competente il Comune di Brescia, ma il Ministero dell'ambiente, che però non ha risorse: Roma è lontana e molto distratta ma intanto i cittadini bresciani si ammalano sempre più di tumore, malattia che è diventata ormai la prima causa di morte nel bresciano.
 
Nel consiglio comunale del 6 settembre è stata presentata un'interrogazione sugli interventi che il Comune di Brescia intende programmare su un'altra area ad altissimo rischio ecologico, la ex cava Piccinelli dove da più di vent'anni sono ammassati duemila metri cubi di fusti contenenti rifiuti radioattivi.
L'unico intervento sull'area fu eseguito nel 1999 dall'Enea che coprì i fusti con teli in pvc per evitare che i fenomeni atmosferici li danneggiassero.
 
A distanza di quattordici anni questo sito è in stato di completo abbandono, con l'acqua piovana che scorre sotto i teli e con arbusti e alberi ad alto fusto che crescono indisturbati tra i fusti: ovvio che se i fusti fossero danneggiati e rilasciassero materiale radioattivo (tra cui il cesio 137) andrebbero a contaminare la falda sottostante.
 
L'assessore ha ammesso imbarazzato che la situazione è complicata dalla mancata risposta degli enti competenti (non il Comune), cioè Arpa, Asl, vigili del fuoco e Regione Lombardia.
Il Comune si limiterà quindi a sollecitare il Ministero dell'ambiente e cercherà di reperire le risorse necessarie per la messa in sicurezza e la bonifica ma a parte queste vaghe promesse non è stato previsto nessun intervento d'urgenza a tutela della salute pubblica.
 
Ma il Comune di Brescia può in coscienza a continuare a trincerarsi dietro il "non posso"? Cosa vuole aspettare? La contaminazione radioattiva dell'acquedotto di Brescia?
In realtà qualcuno non la esclude neanche, visto che i campionamenti del terreno a cura dell'Arpa non sono stato realizzati dal 2007 al 2011 e nessuno sa cosa sia successo esattamente in quegli anni.
 
Assistiamo quindi impotenti al degrado della salubrità del nostro ambiente e all'inerzia delle istituzioni.
Ma ricordiamoci che nessuna Giunta comunale di Brescia si è costituita parte civile per ottenere il risarcimento dei danni e parte offesa nel procedimento penale contro la Caffaro.
Ricordiamoci che lo Stato italiano non riconosce ai nostri Comuni il potere di prevenire i disastri ambientali.
 
Ricordiamoci che lo Stato italiano è assente e cinicamente non concede ai nostri Comuni i trasferimenti necessari per mettere in sicurezza le aree contaminate e per bonificarle, ma è molto presente quando si tratta di prelevare dalle tasche di noi contribuenti lombardi decine di miliardi di euro ogni anno.
 
Al netto di ciò che lo stato ci ha restituito sotto forma di servizi, prestazioni e investimenti, nel 2012 ogni lombardo (compresi neonati e bambini) ha vantato un credito di 5600 euro verso lo Stato, ma non un centesimo è stato speso per tutelare la nostra salute!
 
Ricordiamoci che Pro Lombardia Indipendenza protesta contro questa vera e propria spoliazione e schiavitù fiscale, ma non è banalmente un movimento anti tasse, bensì un movimento indipendentista che mira ad ottenere il completo autogoverno della Lombardia dallo Stato italiano: solo la politica di un nuovo stato indipendente e federale al suo interno, fondato sulla democrazia diretta e partecipativa, potrebbe garantire la tutela dell'ambiente e della salute pubblica, una tutela che invece uno stato lontano, vorace e completamente disinteressato alla qualità della nostra vita non ha mai saputo garantire.
 
Dario Pederzani
Pro Lombardia Indipendenza
Brescia www.prolombardia.eu
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