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Tocilizumab, un lume di speranza: migliorano quasi 8 pazienti Covid su 10

I risultati di uno studio dell’Università di Brescia sugli effetti del Tocilizumab sui pazienti affetti da Covid-19: ad oggi è il più esteso del mondo

Sono quasi otto su dieci i pazienti ricoverati per Covid-19 che migliorano grazie all’utilizzo del farmaco Tocilizumab, prodotto dalla Roche e utilizzato solitamente per trattare l’artrite reumatoide: è questo quanto emerge dallo studio pubblicato dai ricercatori dell’Università degli Studi di Brescia sui primi 100 pazienti trattati con il farmaco al Civile. Si tratta, ad oggi, della serie più ampia disponibile in letteratura.

Lo studio mostra che la polmonite da Covid, con sindrome da distress respiratorio acuto, è caratterizzata da una sindrome iperinfiammatoria (la cosiddetta “tempesta di citochine”) e sostiene l’ipotesi che la risposta al Tocilizumab si associ a un significativo miglioramento clinico: questo si è verificato nel 77% dei pazienti analizzati, con miglioramento o stabilizzazione delle condizioni respiratorie.

“Questa serie di pazienti, trattati tra il 9 e il 20 marzo – spiega il prof. Nicola Latronico dell’Unità operativa di Anestesia e Rianimazione 2, il portavoce dello studio – è stata analizzata per determinare se la somministrazione di Tocilizumab, un anticorpo monoclonale che lega il recettore dell’interleuchina 6, uno dei mediatori dell’infiammazione che consegue alla risposta immunitaria contro il virus, potesse produrre benefici clinici”.

I risultati dello studio

A 24 e 72 ore, e poi a 10 giorni dalla somministrazione, il miglioramento della sindrome da stress respiratorio acuto è stato valutato usando la “Brescia-Covid respiratory severity scale”, con punteggi da 0 a 8 a indicare una progressiva gravità respiratoria (ulteriori informazioni a questo link). “Su 100 pazienti trattati – continua Latronico – 43 hanno ricevuto il Tocilizumab nell’unità di Terapia intensiva, e 57 fuori dalla stessa unità per indisponibilità di letti. Di questi 57 pazienti, 37 (il 65%) sono migliorati e hanno sospeso la ventilazione non invasiva, 7 (il 12%) sono rimasti stabili e 13 (il 23%) sono peggiorati, con 10 morti e 3 ricoverati in Terapia intensiva”.

Per quanto riguarda i 43 pazienti che erano già in Terapia intensiva, 32 (il 74%) sono migliorati e 17 sonjo stati tolti dalla ventilazione artificiale, uno è rimasto stabile e 10 (il 24%) sono deceduti. Complessivamente, a 10 giorni, la condizione respiratoria è migliorata o si è stabilizzata in 77 pazienti: per 61 di questi, in sede di esame di radiografia del torace, si è verificata una riduzione significativa delle lesioni polmonari (e 15 sono stati dimessi dall’ospedale).

Il lavoro del gruppo "Cometa"

Lo studio è stato diretto e coordinato da un gruppo di specialisti di Anestesia e rianimazione, Malattie infettive, Reumatologia, Pediatria, Biochimica clinica e Immunologia dell’Università di Brescia, chiamato simbolicamente “Cometa” (acronimo di Covid-Mediated Hyper-inflammatory State): come detto si tratta, ad oggi, della serie prospettica più ampia al mondo di pazienti trattati con Tocilizumab, che fa seguito ai risultati incoraggianti ottenuti in 20 pazienti in Cina e nei primi due pazienti italiani trattati all’ospedale Cotugno di Napoli. I risultati dello studio bresciano saranno pubblicati la prossima estate sulla prestigiosa rivista Autoimmunity Reviews

Tutti i nomi dei ricercatori bresciani

Presto per cantar vittoria, ma è un piccolo grande lume di speranza. L’immagine della cometa, che dà il nome al gruppo interdisciplinare degli specialisti autori dello studio (Laura Andreoli, Francesco Castelli, Marco Cattalini, Franco Franceschini, Emanuele Focà, Emirena Garrafa, Nicola Latronico, Simone Piva, Francesca Regola e Paola Toniati) descrive bene la storia dell’infezione da Covid-19: dopo una prima fase di replicazione virale e una successiva di risposta iperinfiammatoria, la risposta al Tocilizumab evidenzia una discesa della stessa parabola infiammatoria.
 

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