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"Tempi della Storia, Tempi dell'Arte": Cesare Battisti tra Vienna e Roma

Al Castello del Buonconsiglio di Trento una mostra dedicata alla figura di Cesare Battisti, tra Vienna e Roma: rimarrà aperta al pubblico fino al 6 novembre

“Giuridicamente Battisti era, dal punto di vista del diritto imperiale, un 'alto traditore', un suddito che, dopo essere stato Parlamentare, si era rifugiato presso il nemico, aveva fatto attiva propaganda per l’intervento dell’Italia nella Grande Guerra in alleanza coi nemici dell’Austria-Ungheria ed infine aveva preso le armi nell’esercito italiano contro quella che era legalmente la sua nazione di appartenenza”. L’analisi storica di Pombeni supera la semplificazione retorica della storia scolastica: “Il Risorgimento italiano, impregnato di miti irredentisti, era patrimonio di una minoranza, (in Trentino), derisa dalla cultura ufficiale asburgica, nonostante che nell’Impero ciascun popolo mantenesse diritto alla propria identità, alla tutela ed all’implementazione della propria nazionalità e della propria lingua”.

La mostra consente di evitare due ingenui estremismi storiografici: da un lato quello dell’Impero come “prigione dei popoli” - le tensioni nazionalistiche non diedero origine a rivolte indipendentiste, né a fenomeni repressivi massicci - dall’altro l’immagine di una “Austria felix", dove tutti, a prescindere da pochi scalmanati, vivevano in grande armonia. Dalla metà degli anni '80 il Trentino usciva gradualmente da grossi problemi di povertà e di forte emigrazione, cominciando un “risorgimento economico”, dovuto ad energie territoriali, ma anche ad investimenti del governo imperiale: nell’agricoltura, nella industria, nella diffusione della scolarizzazione e dell’istruzione tecnica. Era forte il riconosciuto del diritto allo studio sino ai livelli più alti. Anche il numero degli studenti universitari era in aumento. Il Trentino nei primi decenni del Novecento si sente partecipe delle vicende della grande Europa anche nell’Arte e nella cultura, grazie alla ricchezza dei suoi giornali e delle riviste, delle Arti. Anche queste a cavallo fra ispirazioni italiane e suggestioni mitteleuropee.

Purtroppo, dal 1911 una politica di accentuata militarizzazione del territorio trentino, con una pesante subalternità dei poteri civili a quelli militari, è volta a sfuggire alle dinamiche parlamentari. Nel clima di tensione nazionale, interviene lo stesso vescovo di Trento, Celestino Endrici, l’11 settembre 1911: con un telegramma agli studenti universitari cattolici li invita alla difesa “dell’italianità insidiata da ingiuste straniere invadenze del Volksbund perturbanti la pace religiosa nazionale”. Eppure il Regno d’Italia, come realtà politico-economica, all’epoca non risultava attraente: un numero notevole di uomini prestarono servizio nell’esercito imperiale (60mila) e solo 757 volontari trentini andarono poi a combattere con l'Italia. I coscritti e le loro famiglie si immaginavano una guerra breve, per tutta la popolazione contava l’identificazione nella propria valle. In questa serie di contraddizioni si giunge alla fase finale della vicenda di Finzi/Battisti, luglio 1916, con un arroganza, da parte austriaca, che esprimeva cecità politica e mancanza di una più strategia militare. Con le loro impiccagioni affrettate, l’Austria mette a fuoco la propria decadenza e lascia ampio spazio alla retorica italiana della Guerra Mondiale come quarta Guerra d’Indipendenza, con uno spirito di revanche antiaustriaca che porterà danni anche nei decenni successivi.

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