Brescia: in mostra l’arte aniconica di William Vezzoli
A cura di Andrea Barretta.
Forte di uno stile personale che lo porterà a esplorare il raccordo con una moderna tessitura nell’alveo di artisti capaci d’innovazione, e va oltre nell’aggiungere progettualità e atmosfere modellate di quadri che non hanno la tela e tele che non hanno la pittura. Sarà l’avvicinamento a uno dei suoi temi, spazio-tempo, a specificare il suo processo di mediazione con l’arte, insieme a quello dei “viaggianti”. Sarà un leitmotiv a generare il visibile dell’invisibile nel filtro del silenzio che parla nell’ultimo passo del suo itinerario creativo che sta in quel gesto dada che innalza l’objet trouvé a opera d’arte.
Infatti, del 2000, la scelta di continuare il proprio cammino usando l’accumulo dell’esperienza acquisita, nei luoghi e nella trepidazione per un “come” dipingere uno stato d’animo turbato dal “che fare” nell’attuale società dell’incertezza. Questo è il suo assunto che preserva il reale per abbandonarsi a una sorta di concettuale memoria che saccheggia nello stupore di un richiamo all’infanzia oppure nel gioco di assonanze e consonanze come ricordi da raccontare.
La prima personale è del 1979 e i suoi dipinti in questi anni sono essenzialmente frutto di uno scandaglio legato alla pittura “en plein air” in un apprendistato fra tradizione e sintesi tra classicità e modernità. Dalla metà degli anni Ottanta inizia l’esperienza in premi di pittura estemporanea e in vari concorsi, interrompendone però la partecipazione, nonostante fosse risultato primo classificato in oltre trenta manifestazioni artistiche. E c’è da restare impressionati davanti alle opere di Giuseppe William Vezzoli, forse per quell’impronta pittorica che fa pensare a una lunga storia di convivenza con l’arte tra serene acquiescenze e furiose battaglie consumate nella lotta per la ricerca di una forma pura nel superare la stessa pittura e nella testimonianza da lasciare al tangibile il coronamento del colorismo.
Questo è quanto vediamo nella sua arte, e c’è di che viverne gli aspetti, nel sondare l’individuale per giungere al collettivo che lo pone tra i grandi artisti italiani nel definire il confine tra l’arte e il quotidiano con i suoi oggetti soggetti.