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Economia Sarezzo

Acciaierie Venete: operaio morto, chiesto risarcimento da un milione e 200mila euro

La compagnia assicurativa che tutela gli interessi della società non intenderebbe risarcire il "danno esistenziale", oltre a quello "morale da lutto". Da qui la richiesta a tutela dei familiari di Matteo Canta, morto il 18 maggio del 2013

Matteo Canta, padre di famiglia e operaio di 56 anni, l'8 maggio del 2013 è precipitato in una vasca di raffreddamento del reparto laminatoi, presso lo stabilimento delle Acciaierie Venete di Sarezzo. Le ustioni riportate sul 90% del corpo ne hanno poi causato il decesso dopo 10 giorni d'agonia.

Le cause e le responsabilità aziendali devono ancora essere accertate in via definitiva nel procedimento penale in corso al Tribunale di Brescia. In un primo momento, la compagnia di assicurazione americana AIG spa, che copre la responsabilità civile delle Acciaierie Venete spa in qualità di assicuratore del datore di lavoro, aveva raggiunto un accordo con la madre e due fratelli di Canta, assistiti da Studio 3A, società a sua volta specializzata nella responsabilità civile.

Nuovi problemi, però, sarebbero sorti quando la compagnia di assicurazione ha iniziato a quantificare il risarcimento del danno anche in capo al figlio e alla moglie dell'operaio, anch'essi assistiti da Studio 3A. AIG - infatti - non intenderebbe risarcire il "danno esistenziale", oltre a quello "morale da lutto".

“Per far rispettare i diritti anche dei famigliari di Matteo Canta - spiega Ermes Trovò, Amministratore Unico di Studio 3A  - non abbiamo potuto far altro che citare in giudizio Acciaierie Venete, richiedendo un risarcimento complessivo pari a circa un milione e 200mila euro. Per tutta risposta, la società ha citato a sua volta la propria assicurazione AIG, addirittura contestando ora la dinamica dell'incidente e sostenendo che Matteo Canta non si sarebbe dovuto trovare in quel luogo”.

"Una situazione davvero paradossale - spiega ancora Ermes Trovò -. La richiesta del ‘danno esistenziale’, infatti, è pienamente giustificata dal fatto che il figlio della vittima lavora come operaio presso lo stesso stabilimento, ed è costretto tutti i giorni per lavorare a passare davanti alla vasca di raffreddamento dove è morto il padre, vivendo un dramma quotidiano incalcolabile".

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