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Economia

Siamo fermi a 30 anni fa: perché in Italia gli stipendi non aumentano

Gli stipendi degli italiani non crescono da decenni, l’inflazione aumenta e le tasse da pagare sono alte: perché? Today inaugura una serie di analisi per dare risposte alle domande più comuni sul mondo del lavoro in Italia

Gli stipendi in Italia sono fermi a trent’anni fa. Anzi, sono lievemente diminuiti, mentre le tasse sul lavoro e l’inflazione sono aumentate. L’Italia è l’unico paese dell’Ocse in cui gli stipendi non sono aumentati dal 1990. Negli ultimi giorni questi dati dell’Ocse sono stati parecchio utilizzati da politici e commentatori: ma qual è il motivo per cui gli stipendi non crescono? Cosa c’è che non va nel mondo del lavoro in Italia? Con I Quaderni di Today sul lavoro in Italia si inaugura una serie di analisi con dati, grafici e contributi di esperti per esplorare tutti gli aspetti del lavoro in Italia, metterne in luce le dinamiche e capire cosa vuole fare la politica, in concreto. Anche perché i dati sul mondo del lavoro in Italia non sono positivi.

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Stipendi in calo, ancora 

In realtà gli stipendi aumenteranno, ma c’è un altro elemento da considerare: l’inflazione. Secondo le previsioni economiche di primavera della Commissione europea, "Si prevede che le retribuzioni dei dipendenti pro-capite aumenteranno del 3,8% quest'anno e del 3,7% il prossimo”. Succederà anche in Italia, anche se in maniera più contenuta, +2,5% nel 2022 e + 1,3% nel 2023, ma l’inflazione ha raggiunto livelli mai visti da quando esiste l’Euro e l’aumento degli stipendi non ne sarà all’altezza: secondo le stime preliminari dell'Istat, a maggio 2022 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività registra un aumento dello 0,9% su base mensile e del 6,9% su base annua. È il livello più alto da marzo 1986, quando invece fu pari al +7%. Nell’Eurozona (tra i paesi che hanno l’Euro come moneta), a maggio l’inflazione è salita all’8,1%. 

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Di conseguenza, il reddito disponibile reale delle famiglie europee dovrebbe diminuire del 2,8% nel 2022, nonostante le misure di compensazione per il caro-bollette varate dai vari paesi. Guardando alle retribuzioni reali, Bruxelles prevede che quest'anno faranno registrare un -2,3%, per poi però risalire dello 0,6% nel 2023. Non accadrà lo stesso in Italia, dove non solo il calo atteso degli stipendi nel 2022 sarà più alto della media Ue (-3,2%), ma nel 2023 diminuirà di un ulteriore 1%, in controtendenza rispetto all'andamento generale europeo. Con contributi e interviste nei Quaderni di Today sul lavoro in Italia cercheremo di comprendere le tendenze e le cause della diminuzione degli stipendi.
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"L'aumento dei prezzi al consumo, insieme a una crescita lenta dei salari, è destinato a pesare sul reddito disponibile reale delle famiglie e quindi sulla crescita della spesa per consumi", scrive la Commissione a proposito dell'Italia. L’aumento del costo della vita toglie potere d’acquisto agli italiani, ma anche la tassazione sul lavoro non aiuta. È il Cuneo fiscale di cui ciclicamente si torna a parlare. Anche se quest’anno è lievemente diminuito (-0,4%), il peso delle tasse sugli stipendi in Italia - in un lavoratore single - è il quinto più alto tra i 38 paesi dell’Ocse, pari al 46,5%. La media Ocse è del 34,6%.

cuneo fiscale italia 2022-2

Il cuneo fiscale italiano è comunque diminuito di 1,4 punti percentuali dal 2019 (e si tratta di una delle riduzioni maggiori dell’area Ocse) pur restando tra i più elevati. Le tasse sugli stipendi in Italia sono costituiti:  

  • Per il 15,3% dall’imposta sui redditi (media Ocse 13%);
  • Per il 7,2% di contributi a carico del lavoratore (media Ocse 8,2%);
  • Per il 24% dei contributi a carico del datore di lavoro (media Ocse 13,5%). Solo la Francia, con il 26,6%, ha una maggiore incidenza in quest’ultimo caso.

Nella busta paga degli italiani rimane dunque il 53,5% dello stipendio lordo. Nei Quaderni di Today sul lavoro in Italia vedremo cosa sta facendo la politica per cambiare questa situazione. 

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L'Italia è l'unico paese dell'Ocse in cui gli stipendi sono diminuiti negli ultimi 30 anni, precisamente del 3%. Nei paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) lo stipendio medio annuale è più che triplicato, mentre in altri paesi come Germania e Francia gli aumenti sono stati superiori al 30%.

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