Cosa succede a quota 100 e alle pensioni con il governo Draghi
Sul tavolo di Conte c'era quota 102. Ora cosa cambierà? Il premier è sempre stato chiaro sulla necessità di allungare la vita lavorativa
Il capitolo delle pensioni sarà un importante terreno di confronto per Mario Draghi. Mentre procedono le consultazioni per la formazione del nuovo governo e già si parla dei nomi dei ministri tecnici e politici, il tema delle pensioni appare tra i più insidiosi all'interno dell'agenda del presidente del consiglio incaricato "con riserva". Intanto, nei giorni scorsi, il leader della Cgil, Maurizio Landini, ha dichiarato che "superare Quota100 senza una riforma complessiva non è accettabile".
Cosa farà Mario Draghi con quota 100 e le pensioni
Per questo il tema dovrà essere affrontato il prima possibile da Draghi. Attualmente Quota 100 consente di anticipare la pensione a 62 anni di età con 38 di contributi fino al 31 dicembre 2021. Dal primo gennaio si torna alle regole di prima e quindi allo "scalone" di cinque anni di età. Ed è molto improbabile che Draghi proroghi quota 100, anche se alla fine nel suo governo dovessero tornare gli "strani alleati" M5s e Lega che l'avevano varata e che sicuramente glielo chiederanno. D'altro canto, come ha ricordato il Sole 24 Ore, nelle Considerazioni finali dei suoi anni alla guida della Banca d'Italia il premier incaricato parlava di allungare la vita lavorativa per garantire un tenore di vita adeguato agli anziani di domani. Un indizio chiaro delle sue intenzioni.
Oggi Repubblica ricorda che la Ragioneria dello Stato ha messo a punto un rapporto in cui si scrive che la spesa per le pensioni aumenterebbe di sei punti percentuali di Pil se Quota 100 diventasse strutturale. Per quota 100 alla fine, secondo i calcoli della Cgil, si dovrebbero spendere alla fine soltanto 14 dei 21 miliardi stanziati per 268mila anticipi di pensione. Molti meno del milione immaginato da Salvini e la Lega che hanno voluto la misura. E che proprio ieri su Facebook, prima del colloquio con Draghi, voleva "pensioni senza ritorni alla Fornero", con una formula un po' confusa che tradiva più che altro l'intenzione di dire qualcosa sul tema e fissare una bandierina politica.
Sul tavolo del governo Conte c'era quota 102, ovvero la possibilità di andare in pensione con 64 anni di età e 38 di contributi con eventuali penali per l'anticipo (ad esempio un ricalcolo totale o parziale col metodo contributivo, per cui si prende in base a quanto si versa). Le commissioni sui lavori gravosi e per separare previdenza e assistenza erano appena state riavviate. Ma ora è tutto fermo. Il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli in una nota ha riportato la lista dei desideri delle parti sociali: "La sola proroga di Quota 100 rappresenterebbe un ennesimo intervento spot che non modificherebbe la legge Fornero e non darebbe risposte alle persone che lavorano. Dopo una proroga di uno o due anni ci si ritroverebbe al punto di partenza e comunque nel frattempo per chi non raggiunge i 38 anni di contributi, o i 62 anni di età, non cambierebbe assolutamente nulla. È necessaria quindi una riforma seria e duratura, che consenta a tutti i lavoratori di poter scegliere quando andare in pensione dopo i 62 anni o con 41 anni di contributi, ed in particolare che affronti il tema di chi fa i lavori manuali o gravosi, riconosca il lavoro di cura e la situazione specifica delle donne e che dia una prospettiva previdenziale ai giovani e a chi fa lavori poveri o discontinui. In sostanza una riforma che guardi al mondo del lavoro di oggi e a quello futuro e non a quello che è stato. Il fatto che tutte le persone che andranno in pensione da ora in poi avranno prevalentemente un calcolo contributivo, rende queste misure non solo eque socialmente ma anche compatibili finanziariamente. Su questi argomenti il nuovo Governo dovrebbe riprendere il confronto con le organizzazioni sindacali".
Cosa succede a quota 100 e alle pensioni con il governo Draghi
Il Corriere della Sera ha spiegato un paio di giorni fa che il governo Draghi non potrà prorogare quota 100 per due motivi: il primo è che la commissione europea ha già criticato in più occasioni la misura ed oggi è decisiva per il Recovery Fund. E poi perché la riforma è stata un mezzo flop dal punto di vista dei numeri. Ha avuto meno successo del previsto ed è stata apprezzata soprattutto nel pubblico impiego, dove le donne raggiungono più facilmente 38 anni di contributi, ma ha causato così danni alla scuola e alla sanità. E ovviamente non ha per niente aperto le porte alle assunzioni dei giovani che favoleggiavano Lega e M5s all'epoca del varo. E quindi come ne uscirà Draghi?
Con pragmatismo. Ha già detto che consulterà le parti sociali, oltre ai partiti. Le posizioni di partenza sono distanti, è vero. Ma ci sono alcune condizioni che potrebbero favorire un compromesso. Tutte le parti in causa concordano sul fatto che il primo gennaio 2022 bisognerà avere una soluzione intermedia tra Quota 100 e i 67 anni. E tutti sanno che tra gli ammortizzatori sociali necessari a fronteggiare la crisi occupazionale bisognerà mettere in campo anche strumenti di prepensionamento.
Si ipotizza che qualche miliardo di quelli stanziati per Quota 100 avanzerà. Una rottura non converrebbe a nessuno. Il presidente degli industriali, Carlo Bonomi, ha evidenziato altri temi centrali per il nuovo governo Draghi, chiedendo "una riforma radicale degli ammortizzatori sociali" e "politiche attive del lavoro", "la riforma fiscale", con una revisione generale delle disparità di prelievo da reddito da lavoro o da capitale". Sul tavolo anche la non semplice partita della riforma degli ammortizzatori sociali. Per Emma Marcegaglia, a capo del B20 "bisogna riformare gli ammortizzatori e dare un reddito a questi lavoratori e sostenerli nel passaggio", mentre "la Cig Covid dovrà restare a carico del pubblico solo per alcuni settori".
Fonte: Today.it