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Economia

La lite sul prezzo del petrolio che pagheremo (carissimo) di tasca nostra

Il mancato accordo tra i Paesi Opec sull'incremento di produzione del greggio ha generato un'impennata nei prezzi dei carburanti che non accenna a fermarsi. Benzina e diesel mai così cari dal 2018, con gli aumenti che si ripercuoteranno sulle tasche delle famiglie. Mauro Antonelli del centro studi Unc: ''Situazione preoccupante, a pagare è soprattutto il ceto medio''

Non si arresta la corsa dei prezzi dei carburanti: dopo gli aumenti registrati negli ultimi giorni, benzina e diesel hanno toccato ''vette'' che non venivano raggiunte dal 2018. Dall'inizio dell'anno il costo dei carburanti è aumentato del 13,4%, un salasso che ovviamente ricade sulle tasche delle famiglie, soprattutto in questo periodo, con la stagione estiva alle porte. Ma perché i prezzi alla pompa continuano ad aumentare? La causa di questa preoccupante serie di rincari è da ricercare nel mancato accordo tra i Paesi Opec, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, che non sono riusciti a trovare un'intesa sull'aumento di produzione del greggio per soddisfare la domanda crescente dovuta alla ripresa economica, che ha provocato l'ondata di rincari. Prima di capire quali dinamiche economiche (e non solo) si nascondono dietro l'aumento dei prezzi dei carburanti, vediamo quanto costa ad oggi fare il pieno nella propria automobile.

Rincari benzina e diesel: i prezzi aggiornati

Il disaccordo tra i Paesi Opec ha provocato un vero e proprio scossone sui listini, tanto che l'aumento del prezzo dei carburanti non è stato mitigato neanche dal recente tonfo del Brent, il petrolio del Mare del Nord (sceso da 77 a 75 dollari a barile) e dal calo delle quotazioni dei prodotti raffinati. Secondo la rilevazione di Staffetta Quotidiana, questa mattina IP, Q8 e Tamoil hanno aumentato di un centesimo al litro i prezzi consigliati di benzina e gasolio. 

Ecco i prezzi aggiornati alle 8 di ieri, martedì 6 luglio 2021: benzina self service a 1,639 euro/litro (+4 millesimi, compagnie 1,646, pompe bianche 1,620), diesel a 1,499 euro/litro (+4, compagnie 1,509, pompe bianche 1,473). Benzina servito a 1,763 euro/litro (+4, compagnie 1,809, pompe bianche 1,671), diesel a 1,637 euro/litro (+4, compagnie 1,690, pompe bianche 1,527).

Gpl servito a 0,669 euro/litro (+3, compagnie 0,680, pompe bianche 0,656), metano servito a 0,979 euro/kg (invariato, compagnie 0,986, pompe bianche 0,973), Gnl 1,002 euro/kg (compagnie 0,996 euro/kg, pompe bianche 1,007 euro/kg). Sulle autostrade i listini segnato per la benzina self service 1,736 euro/litro (servito 1,935), gasolio self service 1,612 euro/litro (servito 1,853), Gpl 0,775 euro/litro, metano 1,074 euro/kg, Gnl 1,053 euro/kg. Quanto alle quotazioni dei prodotti raffinati in Mediterraneo alla chiusura di ieri, benzina a 460 euro per mille litri (-10, valori arrotondati), diesel a 432 euro per mille litri (-10, valori arrotondati). Questi i valori comprensivi di accisa: benzina a 1.188,56 euro per mille litri, diesel a 1.049,61 euro per mille litri.

La lite tra i Paesi Opec

Come anticipato ad inizio articolo, una delle principali cause di questi rincari è il mancato accordo tra i Paesi Opec durante la riunione avvenuta lunedì scorso a Vienna. All'incontro hanno partecipato sia i 13 Stati membri dell'Organizzazione, sia i dieci produttori esterni, come la Russia, l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, con la riunione che per questo motivo ha preso il nome di Opec+. Lo stop alle trattative ha provocato un aumento immediato sia per il prezzo del greggio texano che per quello del Brent (poi sceso nuovamente negli ultimi giorni): un rincaro che, unito all'incertezza degli investitori e al continuo incremento della domanda, potrebbe portare ad una guerra di prezzi senza controllo in cui a pagare il prezzo maggiore, come sempre, saranno i cittadini.

Infatti, il raggiungimento di un accordo è fondamentale, non soltanto per la stabilità dell'Organizzazione, ma soprattutto per evitare ulteriori terremoti sui prezzi del petrolio e sull'andamento dell'inflazione nei Paesi importatori: il discorso è molto semplice, se sale il costo del greggio sale anche quello dell'energia, dei trasporti e di conseguenza dei beni e servizi finali. Un ''effetto domino'' che si traduce in una sonora e inevitabile stangata.

Secondo le stime della stessa Opec, nel secondo semestre del 2021 la domanda mondiale di petrolio aumenterà di 5 milioni di barili al giorno rispetto alla prima metà dell'anno, periodo in cui era già stato concordato un incremento di due milioni di barili al giorno. Con la domanda in continua crescita, se non si arriva ad un'intesa in tempi brevi, i prezzi continueranno ad aumentare: l'incontro avvenuto lunedì scorso, oltre all'aumento della produzione giornaliera di barili, mirava a posticipare la scadenza del precedente accordo da aprile 2022 a dicembre 2022. Ma qualcosa non è andato per il verso giusto. 

Cosa ha fatto saltare il tavolo? Secondo Bloomberg a scatenare la lite alla riunione dell'Opec+ sarebbe stato un disaccordo tra l'Arabia Saudita, primo produttore dell'Organizzazione e terzo al mondo, e gli Emirati Arabi Uniti, che invece producono un quantitativo di greggio pari ad un terzo di quello saudita. Gli Emirati non erano d'accordo con il prolungamento del patto fino a dicembre 2022, condizione su cui invece puntava l'Arabia Saudita insieme agli altri Paesi membri per mantenere stabili i prezzi nei prossimi mesi. Ma gli Emirati avrebbero da ridire anche sulle quote di produzione assegnate, che sarebbero relative ai dati di produttività del 2018, considerati ''vecchi'' visto che negli ultimi tre anni il Paese ha fatto registrare un aumento di produzione da 3,2 a quasi 4 milioni di barili al giorno. In sostanza, gli Emirati vogliono poter produrre di più, ma gli altri Paesi, come Arabia e Russia, si oppongono temendo che questa decisione crei un ''precedente'', che permetterebbe ad altri Stati di richiedere il medesimo trattamento. Un dissidio, quello tra i due Paesi arabi, che si innesta in un contesto di rivalità economica che va ben oltre il singolo discorso sul greggio. Un rapporto di reciproca diffidenza che renderà difficile raggiungere un accordo sulla produzione del petrolio, dilatando i tempi delle trattative. Intanto i prezzi continueranno ad aumentare e a pagare le conseguenze saranno i consumatori.

Carburanti, stangata da 280 euro

Ma quanto ci costano questi aumenti? A quantificare la batosta è il centro studi dell'Unione Nazionale Consumatori: "Un'estate rovente sul fronte dei prezzi. E' quella che si apprestano a vivere gli italiani. Non si arresta, infatti, la corsa dei carburanti. Dopo aver sfondato a metà giugno la barriera di 1,6 euro, cosa che non accadeva da due anni, la benzina arriva a 1,634 euro al litro, un record dal 12 novembre 2018 quando raggiunse i 1637 euro, ossia 2 anni e 8 mesi fa. Anche il gasolio tocca il valore massimo dal 10 giugno 2019, quando si attestò a 1.497 euro al litro, oltre due anni fa".

"Dall'inizio dell'anno - spiega il presidente Unc Massimiliano Dona - dalla rilevazione del 4 gennaio, in 6 mesi, un pieno da 50 litri è aumentato di 9 euro e 64 cent per la benzina e di 8 euro e 78 cent per il gasolio, con un rincaro, rispettivamente, del 13,4% e del 13,3%. Su base annua è pari a una stangata ad autovettura pari a 231 euro all'anno per la benzina e 211 euro per il gasolio. In un anno solare, ossia dalla rilevazione del 6 luglio 2020, quando la benzina era pari a 1.401 euro al litro e il gasolio a 1.288 euro al litro, un pieno da 50 litri costa 11 euro e 68 cent in più per la benzina e 10 euro e 34 cent in più per il gasolio, con un rialzo, rispettivamente, del 16,7% e del 16,1%. Un rincaro che, su base annua, produrrebbe una sventola pari a 280 euro all'anno per la benzina e a 248 euro per il gasolio".

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Un rischio stangata che andrebbe a pesare soprattutto sulle famiglie del ceto medio-basso, come confermato a Today da Mauro Antonelli del centro studi Unc: ''Premettendo che si tratta di stime teoriche, la situazione rimane molto preoccupante. Anche perché l'aumento relativo ai carburanti si riflette poi sui trasporti e su altre tipologie di servizi, che poi producono rincari a cascata su quasi tutti i beni. Tanto per fare un esempio, l'aumento del prezzo del carburante lo 'paghiamo' anche nel pomodoro che viene trasportato da Pachino al Nord Italia".

''Vedendo gli ultimi dati Istat sull'inflazione - prosegue Antonelli - è chiaro che da un po' di tempo siano i beni energetici a trascinare tutti gli aumenti. Se sommiamo questi rincari a quelli recentemente comunicati per le bollette di luce e gas, la batosta diventa ancora più pesante. Inoltre, a pagare di più sono anche le famiglie più povere, che magari non possono permettersi elettrodomestici di alta qualità e bassi consumi''.

In questo caso è il petrolio a trascinare tutto: ''L'intervento del Governo - conclude Antonelli - è servito a coprire soltanto parzialmente gli aumenti, ma è necessario intervenire sul meccanismo con le giuste politiche. Se non vengono abbassate le accise sui carburanti, l'Iva, gli oneri di sistema e tutti quelle spese obbligate che mandano in tilt il sistema, a pagare saranno sempre le famiglie, soprattutto quelle dei ceti medio bassi''.

La batosta per le vacanze

Una situazione incerta ma che non fa presagire nulla di buono. Con l'allentamento delle misure restrittive e l'estate in arrivo le autostrade italiane diventeranno sempre più affollate, con la stangata sui carburanti che potrebbe coinvolgere l'84% degli italiani che decideranno di spostarsi in auto, in moto o in camper per le vacanze. Il dato emerge da un'analisi dell'Unione europea delle cooperative (Uecoop) su dati Istat, che fornisce anche alcune strategie per ''combattere i rincari: ''Contro il rincaro dei carburanti che spesso si verificano proprio quando la gente si mette in viaggio per le vacanze, famiglie e imprese", continua Uecoop, "possono seguire alcune regole di autodifesa che vanno dalla caccia al prezzo migliore nella propria area di residenza o lavoro all'utilizzo del self service che di solito è più conveniente rispetto al servito, dalla ricerca delle cosiddette "pompe bianche" non controllate dai grandi marchi del petrolio alle partenze con il pieno fatto prima di entrare in autostrada, dalla verifica della distanza da percorrere con la scelta del percorso più breve alla manutenzione regolare dell'auto, della moto o del camper, in modo da rendere più efficiente il motore e ottimizzare l'utilizzo del carburante''. 

''Il problema - secondo Uecoop - è che il petrolio di oggi non è certo quello che serve per la benzina venduta alle famiglie e alle imprese italiane in questo periodo e quindi sui prezzi alla pompa si rileva sempre un certo strabismo temporale. In Italia il costo dei carburanti segue sempre in maniera rapidissima l'aumento del prezzo mondiale del petrolio, mentre non retrocede altrettanto velocemente quando le quotazioni dell'oro nero scendono''. Un paradosso che va a riflettersi sui bilanci delle famiglie, già messe a dura prova dalla pandemia. Un litigio ''lontano'' di cui paghiamo le conseguenze di tasca nostra, come il più classico dei ''butterfly effect'', con la farfalla che continua a sbattere le ali tra i Paesi arabi e la tempesta che continua ad infuriare dalle nostre parti.

Fonte: Today.it

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