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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia Via San Faustino, 70

Pietro Ichino a Brescia: «Il benessere degli ultimi, la parità di opportunità»

A San Faustino il lungo intervento del professore e senatore Pietro Ichino, che ha presentato in terra bresciana la sua ultima 'Inchiesta sul lavoro'. Grandi ospiti nel pomeriggio a Brescia e la sera a Chiari, da Del Bono a Pasini

Il lavoro prima di tutto, adeguato ai tempi e adeguato alle nuove sfide che il mondo globale ci chiama ad affrontare, senza dimenticarsi delle grandi difficoltà dei prossimi anni, e dei prossimi decenni. Nella Sala Piamarta prima, e all’auditorium Riva di Chiari poi, Pietro Ichino ha presentato il suo ultimo lavoro d’inchiesta, dedicata al lavoro che cambia e alle prospettive che da esso possono e dovranno derivare, un dibattito sempre accesso e sempre interessante e che nel pomeriggio bresciano ha richiamato esponenti di spicco della scena pubblica, da Laura Casteletti e Emilio Del Bono passando per Enzo Torri, segretario CISL Brescia, una lavoratrice precaria (Ilaria Fumagalli) e una dell’Invatec (Barbara Ghidini), un’imprenditrice delusa ma non troppo come Giovanna Nocivelli.

Tante domande, tanta voglia di sapere, e il senatore Ichino che dà libero sfogo alla sua conoscenza, alla sua esperienza. Esperienza politica ma non solo, oltre 40 anni di tessera CGIL e una carriera da giurista, e da giornalista. “Dobbiamo fermarci un attimo a pensare, e cominciare a interrogarci – ha spiegato l’ospite d’onore a San Faustino – Il sistema italiano è carico di contraddizioni, e ha più analogie con Spagna e Grecia che con gli altri Paesi europei. Troppo spesso accettiamo senza fiatare il lavoro fuori dagli standard, il lavoro nero e il lavoro sommerso, troppo spesso ci dimentichiamo che le nuove generazioni corrono il rischio di essere per sempre escluse dalla cittadella del lavoro regolare”.

“La legge dice una cosa, economicamente se ne fa un’altra. Il lavoro salariato viene mascherato con contratti temporanei, con la Partita IVA, un sistema opaco che non fa altro che ostacolare la crescita, e che impedisce la piena valorizzazione del capitale umano”. In effetti di formazione si parla sempre meno, la corsa al risparmio non concede spazi di crescita, il giovane lavoratore spesso è come una riserva, pronto ad essere sostituito. “L’intero tessuto produttivo italiano è troppo vischioso, sembra portare maggiore fluidità e invece porta solo maggiori diseguaglianze, e quell’iniquo dualismo che non fa bene al Paese, non fa bene al lavoro”.

L’Europa chiama, l’Italia deve rispondere, e la riforma voluta dalla ministra Fornero segue proprio questa strada. Una riforma che “può essere ancora migliorata” ma che in ogni caso secondo Pietro Ichino rimane “una riforma importantissima”, a questo punto anche “fondamentale”. L’Articolo 18, il licenziamento e il reintegro, le difficoltà delle piccole imprese a cui manca proprio l’innovazione, e il terrore del mercato italiano che “non attira più grandi multinazionali, almeno da 20 anni”, anche perché il campanilismo vince quasi sempre, “preferiamo mantenere l’operatore italiano, in ogni settore, anche se ci costa un occhio della testa”.

Ma tra lavoro, giovani e futuro, ci sono cose che valgono più di tutte: “La bontà di un sistema non si misura dal benessere medio, ma da come vive l’ultimo, il più debole. La nostra è un'uguaglianza illusoria e menzognera, oltre allo spreco di denaro assistiamo inermi allo spreco più grande, lo spreco del capitale umano. Su questo bisogna impegnarsi, raggiungere la vera parità di opportunità, eliminare ogni handicap lavorativo. Questa è la ragion d’essere di un grande partito di sinistra dei grandi Paesi occidentali, di un Governo europeista, di un sindacato più aperto”.

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