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In pensione a 63 anni dal 1º gennaio 2023: chi lascerà il lavoro

Non è stata ancora individuata la strada per evitare un ritorno dal 2023 alla legge Fornero in versione integrale. Quota 41 costa troppo. Il il canale d’uscita per tutti con almeno 64 anni d’età e 20 di contribuzione ha varie controindicazioni

La riforma delle pensioni arranca. Quando mancano sei mesi alla fine di Quota 102, non è stata ancora individuata la strada per evitare un ritorno dal 2023 alla legge Fornero in versione integrale. La guerra tra Russia e Ucraina e l'aggaravarsi della crisi energetica hanno indirizzato altrove le priorità dell'esecutivo. I sindacati premono per riaprire il tavolo.

Pensioni: Quota 41 e l'uscita a 64 anni

Il premier Mario Draghi aveva messo in chiaro già alla fine dello scorso anno per vincolare al metodo di calcolo contributivo qualsiasi nuovo intervento mirato a consentire le uscite prima della soglia di vecchiaia sembra però restringere di molto il campo delle opzioni utilizzabili. E tra queste ci sarebbe quella di rendere accessibile a tutti il canale d’uscita con almeno 64 anni d’età e 20 di contribuzione, oggi di fatto consentito solo a chi è totalmente "contributivo". Tuttavia con il ricalcolo contributivo la riduzione dell’assegno dei lavoratori in regime "misto" (mix di contributivo e retributivo per chi al 31 dicembre 1995 non aveva più di 18 anni di contributi) sarebbe intorno al 10 per cento, con picchi del 18 per cento per lavoratori in possesso fino a 17 anni di anni di versamenti al momento "agganciati" al retributivo.

Il problema vero è la flessibilità in uscita per i lavoratori del sistema "misto". Il piano che prevederebbe di aprire una via d’uscita unica a 64 anni con il ricalcolo contributivo dell’assegno non piace molto ai sindacati, che spingono sulla possibilità di andare in pensione a 62 anni, salvaguardando anche in qualche modo la quota retributiva (su cui applicare eventualmente solo micro-penalizzazioni crescenti per ogni anno di anticipo rispetto alla soglia di vecchiaia) o, in alternativa, con 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica. Quota 41 però presenta un problema non da poco: avrebbe un impatto pesante sulla spesa pensionistica. E i 62 anni come requisito anagrafico cardine di una riforma sono molto improbabili. Insomma, non ci siamo.

Christopher Pissarides, premio Nobel dell’Economia nel 2010 grazie agli studi sul mercato del lavoro, a Torino per il Festival Internazionale dell’Economia, mette un macigno sopra le pensioni dai 62 anni di età: "Sessantadue anni è troppo presto adesso, che cosa fai dopo se vai in pensione a quell’età, magari cerchi un altro lavoro - dice a Repubblica - Ormai si è in ottime condizioni di salute almeno fino a 70 anni. Si potrebbe pensare a un compromesso: dopo i 62 anni si dà la possibilità alle persone di ricevere una pensione parziale e di lavorare in modo flessibile, al massimo per quattro giorni la settimana, lasciando tempo libero per esempio per stare acasa e riposarsi, o per andare dal medico. Anche perché dopo i 60 anni magari il danaro non è più la priorità, però poterne disporre è ancora una bella cosa!".

Pensioni da 63 anni: il piano Tridico è sempre sul tavolo

La sensazione è che la quadra la si possa trovare intorno a un altro numero: 63. Vediamo perché.

Se la pensione dai 62 anni dal 1 gennaio 2023 appare un'utopia, oggi come oggi, sembra essere più fattibile la proposta del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. Lo spunto è stato messo da tempo sul tavolo: andare in pensione dai 63 anni solo con la quota che si è maturata dal punto di vista contributivo. Il lavoratore uscirebbe dunque con l'assegno calcolato con il contributivo e aspetterebbe i 67 anni per ottenere l'altra quota, che è quella retributiva. Parallelamente sarebbero confermati o introdotti in caso di necessità strumenti ad hoc per tutelare i fragili, come gli oncologici e gli immunodepressi, che nella fase post Covid devono poter andare in pensione prima.

Trovare una convergenza tra governo, Inps e parti sociali non sarà semplicissimo. I sindacati non si smuovono per ora da due numeri: ovvero la possibilità di andare in pensione a 62 anni a prescindere dai contributi. Ma per le sigle sindacali anche quando un lavoratore arriva a 41 anni di contributi, a prescindere dall'età, deve avere la possibilità di andare in pensione.  "Se pagassimo subito tutta la pensione, indipendentemente dai contributi, a 62-63 anni, verrebbe meno la sostenibilità finanziaria - ha avvertito Tridico - La mia è una proposta aperta ad altri innesti, che il ministro Orlando sta valutando, come la staffetta generazionale o le uscite parziali con il part-time. Ma non possiamo tornare indietro rispetto al modello contributivo. Il sistema previdenziale italiano è stato scolpito da due grandi riforme: la Dini del '95 e la Fornero nel 2011. È quello il nostro impianto ed è proprio qui dentro che dobbiamo incrementare i livelli di flessibilità, tenendo presente che abbiamo bisogno di equità e sostenibilità". 

Il piano Tridico avrebbe un costo di poco superiore ai 400 milioni il primo anno, e consentirebbe l’anticipo a 63-64 anni della sola quota contributiva per poi recuperare la fetta retributiva al raggiungimento della soglia di vecchiaia dei 67 anni. Il tempo inizia a stringere. Prima dell'autunno occorrerà trovare una sintesi.

Fonte: Today.

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