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Economia Rezzato / Via Lithos

Arrivano i tedeschi e 26 operai rimangono a casa senza alcun preavviso

La vicenda di 26 lavoratori della Remong di Rezzato, lasciati a casa, dalla sera alla mattina, dopo la vendita dell'azienda alla concorrenza: la multinazionale Wegmann. La vecchia proprietà gli aveva assicurato che non ci sarebbero stati tagli al personale

REZZATO. Traditi e beffati. Si sentono così i 26 dipendenti della Remog, azienda che opera nel settore dell'automotive. Da più di un mese 'vivono' fuori dai cancelli della fabbrica, per rivendicare i propri diritti, ma anche per evitare che lo stabilimento venga completamente svuotato. 

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A fine luglio l'azienda è stata ceduta al colosso tedesco Wegmann, una multinazionale concorrente. Una decisione che gli operai non si spiegano: "Le cose andavano bene, la produzione funzionava a pieno regime, tanto che facevamo spesso gli straordinari - racconta Nerina, che lavora alla Remog da quanto è stata fondata, nel 1989 - la ditta era sana, tanto che si parlava dell'acquisto di un nuovo capannone". 

Presidio Remog Rezzato

Il vecchio proprietario, Angelo Patuzzo, prima di congedarsi e lasciare la ditta nelle mani dei tedeschi, aveva rassicurato i suoi lavoratori. "Ci ha stretto la mano ad uno ad uno e ci ha detto di non preoccuparci  - spiega Gimnpaolo -perché la produzione qui sarebbe continuata e non ci sarebbero stati tagli al personale."

"Siamo una grande famiglia, ci vediamo a settembre" si sarebbero sentiti dire i lavoratori. Promesse non mantenute. Due giorni prima del rientro dalle ferie si sono visti recapitare una lettera di licenziamento: " E' Come se ci fosse piombata una tegola sulla testa - racconta Simona - . Entro 75 giorni da quella lettera sarebbero scattati i licenziamenti, senza alcun ammortizzatore. Poi abbiamo scoperto che a ferragosto si erano portati via alcuni macchinari." 

I lavoratori non si sono arresi e con il sindacato Fim Cisl hanno organizzato un presidio permanente fuori dai cancelli della ditta. "Siamo consapevoli che la Wegmann non vuole tornare sui suoi passi ed è decisa a trasferire la produzione in Germania - spiega Nerina - ma non ce ne andremo di qua finchè non firmeremo un accordo sugli ammortizzatori sociali: chiediamo almeno un anno di cassa integrazione".

La tensione è salita la scorsa settimana. In piena notte sono arrivati 12 camion per trasportare il resto dei macchinari in Germania. Operazione non riuscita, perché in men che non si dica tutti i 26 ex dipendenti si sono precipitati alla Remog, impedendo ai camion di entrare. La protesta non si smorza: " Finchè non ci garantiscono gli ammortizzatori sociali da qui non ce ne andiamo - esclamano in coro - e continueremo ad impedire qualsiasi trasferimento di materiale."

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