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Economia

Lavoro, obbligo Green Pass: cosa dice la legge e il caso Sterilgarda

Da settembre, i lavoratori che rifiuteranno di sottoporsi al vaccino potranno non essere ammessi in azienda, comunica la Sterilgarda di Castiglione: per loro sospensione della retribuzione

Boom di prenotazioni e lunghe code negli hub vaccinali: sono i primi effetti del Green Pass, la Carta Verde che servirà a proteggere non solo sé stessi, ma anche gli altri. Se da un lato c’è chi ha aderito alla campagna vaccinale, dall’altra c’è chi è ancora restio. Per coloro che rifiutano il vaccino, nei prossimi mesi la questione potrebbe diventare più complessa.

Nel frattempo, a Brescia sono 150 gli operatori sanitari sospesi, ma si stima siano circa 25mila i lavoratori nella sanità che ancora non si sono sottoposti alla somministrazione. La legge che obbliga i sanitari al vaccino anti-Covid potrebbe essere estesa anche ad altre categorie lavorative, come il mondo della scuola e i dipendenti pubblici. Resta invece più difficile l’obbligo per le aziende, anche se Confindustria ha già esposto la volontà di voler rendere obbligatorio il Green Pass ai propri collaboratori, pena la possibilità di spostarli ad altra mansione o sospenderli, con impatto sulla retribuzione. Si tratta di un'azione che le aziende potrebbero mettere in campo per tutelare i propri interessi (è il capitalismo, bellezza); c'è già infatti chi non attende ulteriori provvedimenti, ma decide autonomamente: si tratta dell'azienda Sterilgarda di Castiglione delle Stiviere. 

Il caso di Sterilgarda

Fa discutere il caso di Sterilgarda, azienda alimentare del Mantovano che, in una lettera inviata ai dipendenti, dichiara che "dal mese di settembre 2021, a chi risulterà privo di green pass per la mancata sottoposizione all’iter vaccinale" potrebbero essere "attribuite mansioni diverse da quelle normalmente esercitate e tali da escludere rischi di contagio per contatti con altri dipendenti". Se poi la modifica della mansione non fosse possibile, nella lettera ai dipendenti si legge anche che "il lavoratore non verrà ammesso in azienda, con sospensione della retribuzione". Senza stipendio quindi, ma non licenziati, come spiega successivamente l’impresa in un'altra nota. "In nessuna parte del testo si è mai minacciato di licenziare alcuno. Abbiamo fatto presente che il diritto alla salute dei dipendenti e delle loro famiglie deve essere salvaguardato al pari del diritto di ognuno".

Tuttavia, va ribadito che la possibilità di licenziamento per chi non si vaccina (ventilata anche da Confindustria) necessita di una legge. Ora sarà il governo a scegliere, anche alla luce di una recente ordinanza del giudice civile Emilia Salvatore del tribunale di Modena, che aveva rigettato il ricorso presentato da due fisioterapiste di una Rsa sospese dall'azienda dopo aver rifiutato il siero anti-covid.

"I giudici del lavoro confermano quello che già si sapeva - ha detto al Corriere Pietro Ichino, giuslavorista ex parlamentare ed ex sindacalista - cioè che l’imprenditore ha il potere e dovere di assicurare il massimo possibile di sicurezza e igiene nel luogo di lavoro, adottando tutte le misure utili suggerite dalla scienza e dall’esperienza. Ora che la vaccinazione anti-Covid è disponibile per tutti, dunque, gli imprenditori fanno bene ad adottarla come misura di sicurezza, anche prima che arrivi una legge che lo preveda in modo generalizzato".

Secondo la sentenza citata - che si basa sull’art. 2087 del codice civile e sulla direttiva Ue sulle azioni preventive contro la diffusione di malattie nei luoghi di lavoro -, se il rifiuto a vaccinarsi non può dar luogo a sanzioni disciplinari, può comportare conseguenze sul piano della valutazione oggettiva dell'idoneità alla mansione. In sostanza, per chi lavora a contatto con il pubblico oppure in spazi chiusi vicino ad altri colleghi, la mancata vaccinazione può costituire un motivo per sospendere il lavoratore senza retribuzione. 

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