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Economia

Superbonus: un costo "spaventoso" per riqualificare solo il 3,1% delle case

Il bilancio di un provvedimento che ha rilanciato l'edilizia ma è costato quasi 72 miliardi di euro. E ha innescato l'aumento dei prezzi delle materie prime

Un decreto del governo Meloni ha bloccato la cessione dei crediti e lo sconto in fattura sul superbonus, la misura con cui lo Stato negli ultimi anni ha finanziato i lavori di ristrutturazione con l'obiettivo primario di migliorare l'efficienza energetica di migliaia di edifici. Non si fa più credito, per fermare una situazione "quasi fuori controllo" e per "bloccare gli effetti di una politica scellerata", sostiene l'esecutivo. Da adesso in poi, i nuovi lavori si potranno eseguire solo a proprie spese, provvedendo poi alla detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi, e pagando meno tasse nei 5 anni successivi. Qui abbiamo spiegato cosa cambia per chi ha già avviato i lavori e per chi vorrà farli dopo questo decreto, e cosa succede adesso con le regole cambiate anche per gli altri bonus fiscali legati alla casa. Il governo, intanto, ha convocato lunedì a Palazzo Chigi banche e associazioni di categoria interessate dalle norme che bloccano la cessione dei crediti dei bonus edilizi. Si valutano eventuali modifiche e si cerca un compromesso.

Ma qual è il bilancio sul superbonus fino a questo momento? A fronte di 372.303 asseverazioni depositate entro il 31 gennaio scorso, con il cosiddetto 110% lo Stato dovrà farsi carico di una spesa di 71,7 miliardi di euro, rileva l'ufficio studi della Cgia (l'associazione artigiani e piccole imprese di Mestre). Una spesa che graverà sulle spalle degli italiani, come ha fatto notare il ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti. L'istituto ha ipotizzato che finora questa misura abbia interessato solo il 3,1% del totale degli immobili ad uso abitativo, ricordando che in Italia sono presenti quasi 12,2 milioni di edifici residenziali. In sostanza, avendo dato la possibilità ai proprietari di riqualificare queste unità abitative con la detrazione fiscale del 110%, lo Stato si è addossato un costo pari a 71,7 miliardi di euro per migliorare l'efficienza energetica di una quota ridottissima di edifici presenti nel Paese.

Chi ne ha usufruito di più

A livello regionale è il Veneto ad aver registrato il ricorso più numeroso al superbonus 110% in relazione agli edifici residenziali esistenti, con 46.447 asseverazioni, e un'incidenza del 4,4%. Seguono la Toscana con il 4%, la Lombardia al 3,9%. Le regioni meno coinvolte, invece, sono Calabria, Valle d'Aosta e Liguria, tutte con un'incidenza del 2%, insieme alla Sicilia che chiude la graduatoria con l'1,7%. L'importo medio delle detrazioni a fine lavori previsto è pari a 192.756 euro per edificio. I picchi massimi sono in Campania (247.337 euro), Basilicata (254.090 euro) e Valle d'Aosta (267.698 euro). Chiudono la graduatoria Friuli Venezia Giulia (152.056 euro), Toscana (151.206) e Veneto (150.906 euro).

"Un costo spaventoso"

Secondo la Cgia, il superbonus non va bocciato "perché ha sicuramente contribuito a incentivare la ripresa economica di un settore, come quello dell'edilizia, che nel nostro Paese ha un peso specifico importante". Tuttavia, osserva l'associazione, "questa misura ha provocato un costo in capo alla fiscalità generale spaventoso e non proporzionale al numero di edifici che sono stati efficientati". Ora, dopo la cancellazione degli sconti in fattura e delle cessioni del credito, il proprietario di un immobile residenziale potrà beneficiare della detrazione del 90% (e non più del 110), compensando lo sconto solo in sede di dichiarazione dei redditi. Secondo la Cgia è evidente "che l'appetibilità dello strumento è destinata a scemare".

Tuttavia, "la cosa più preoccupante è che con il decreto del governo approvato l'altro ieri non è stata trovata una soluzione per le tante aziende e famiglie che sono in possesso di una massa di crediti fiscali importanti e non più esigibili - dice la Cgia -. Una situazione che nel giro di qualche mese rischia di far fallire molte aziende del settore delle costruzioni". La Cgia ricorda che questo meccanismo, "che consentiva di detrarre fiscalmente molto più di quanto un proprietario era chiamato a spendere per ristrutturare un edificio, ha innescato una bolla inflattiva preoccupante, alimentata anche dal forte aumento dei prezzi registrato nel 2022 da tutte le materie prime".

A fronte di un boom della domanda che, tra l'altro, per legge doveva essere soddisfatta entro un determinato periodo di tempo, "il superbonus ha contribuito a far schizzare verso l'alto i prezzi di moltissimi materiali (ferro, acciaio, legno, sabbia, laterizi, bitume, cemento) e altri per molto tempo sono praticamente scomparsi dal mercato (lana di roccia, polistirene, ponteggi, etc.)", conclude la Cgia.

Fonte: Today.

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