Dai negozi ai ristoranti, a rischio 18mila imprese e 54mila posti di lavoro
L'allarme lanciato da Confcommercio a margine dell'ultimo studio di Format Research: solo nel Bresciano circa 18mila piccole imprese potrebbero chiudere
Circa il 40% delle imprese del terziario bresciano sarebbe a rischio chiusura a causa degli effetti del secondo lockdown, anche se al momento è ancora “light”: in tutto 18mila aziende per un totale di 54mila posti di lavoro. E' questo quanto emerge dal nuovo studio di Confcommercio Brescia, realizzato da Format Research: si tratta, nello specifico, di un'indagine sull'andamento economico delle imprese bresciane del commercio, del turismo e dei servizi.
E' aggiornato al 30 ottobre, quindi ancora prima degli effetti empirici della nuova Zona Rossa lombarda: dopo un trimestre di “faticosa ripresa”, con i consumi che lentamente si stavano avvicinando al pre-Covid (dal -50% della primavera al -5% di settembre) sulle aziende del commercio aleggia “lo spettro di una ulteriore crisi prima del Natale”. Una festività che, ricordiamo, vale circa il 30% dei fatturati dell'intero anno.
Effetti "pesanti" o "devastanti" per 8 imprese su 10
Sul totale delle 61mila imprese del terziario, il 39,1% ritiene che il nuovo lockdown potrebbe avere “effetti devastanti, superiori a quelli della recente pandemia con l'impresa che rischierebbe di chiudere”; il 41,4% si ferma agli “effetti pesanti: come quelli della recente pandemia, ma comunque l'impresa riuscirebbe a sopravvivere”; il 19,5% si divide tra “nessun effetto” ed “effetti minimi”, dunque inferiori a quelli del primo (e lungo) lockdown di marzo, aprile e maggio.
Le aziende bresciane a rischio chiusura
In tutto sono circa 48mila – pari a quasi l'80% del totale – le imprese bresciane che subiranno effetti “pesanti” o “devastanti” causa Covid. Dalle analisi di Confcommercio, tra quelli che potrebbero chiudere alla fine del secondo lockdown, sarebbero questi i settori più a rischio: il 61% delle imprese di ristorazione, il 51% del turismo, 43% trasporti e logistica, 37% servizi alla persona, 35% commercio (no food), 26% servizi alle imprese e 25% commercio alimentare. “Lo Stato deve fare non solo il possibile, ma anche l'impossibile per salvare le nostre imprese”, dice il presidente di Confcommercio Brescia Carlo Massoletti.