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Cronaca Manerbio

Manerbio: strangolata a 19 anni, i genitori chiedono giustizia

I genitori di Monia Del Pero, uccisa dal fidanzato nel 1989, hanno presentato un ricorso al Tar per chiedere che la figlia venga equiparata alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. L'anno scorso, Equitalia ha chiesto alla coppia 2.000 euro di parcella per il deposito della sentenza che condannò a 11 anni e 8 mesi l'assassino della figlia

Monia Del Pero fu uccisa la sera di Santa Lucia a soli 19 anni. Ventiquattro anni fa, a Manerbio, la giovane accettò di incontrare il suo ex fidanzato per ritirare un fantomatico regalo e per restituire le foto che avevano in comune, testimonianza di una  storia durata sei mesi e finita ormai da cinque.

La giovane, raccontano i genitori, "è partita da casa con il solito sorriso - voleva portare anche la sorella, poi ci ha ripensato - salutandoci, tutta allegra e dicendo: vado e torno! al massimo tra due ore sono a casa, ma quella volta torno dopo tre giorni, in una bara".

Il suo assassino, dopo averla strangolata, la mise in sacchi della spazzatura e la buttò sotto un ponte, dopo averla spogliata per renderla irriconoscibile. Per tre lunghissimi giorni si unì ad amici e parenti nella ricerca di Monia, con freddezza e autocontrollo che impressionano se si pensa che, all'epoca, anche lui aveva solamente 19 anni.

Confessò solo dopo diverse ore di interrogatorio. Fu condannato in primo grado a 11 anni e 8 mesi per omicidio volontario e occultamento di cadavere, più 3 anni di libertà vigilata (l'anno scorso, Equitalia ha chiesto per il deposito di tale sentenza una parcella da 2.000 euro ai coniugi Del Bono). In appello la pena fu confermata, ma gli fu tolta la libertà vigilata. In tutto, tra comunità, arresti domiciliari e sconti di pena, il suo debito si è infine ridotto a 5 anni.

A ventiquattro anni di distanza, quel tremendo capitolo della storia criminale bresciana e italiana si riapre. Davanti al Tar di Brescia, ieri i genitori di Monia - Adriano Del Pero e Gigliola Bono - hanno presentato un ricorso per chiedere che lo Stato riconosca gli stessi diritti dei familiari delle vittime di terrorismo e della criminalità organizzata, anche alle famiglie di chi è stato assassinato da  cittadini "comuni".

Adriano e Gigliola sanno benissimo che nessun risarcimento sopirà il dolore per la perdita della figlia. La loro è una battaglia di giustizia, e si appellano all'articolo 3 della Costituzione, secondo il quale "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla Legge".

Non solo. Una Direttiva del 2004 dell'Unione Europea stabilisce che gli Stati membri devono risarcire "tutte le vittime dei reati violenti", senza fare distinzione alcuna in base a chi ha commesso tale reato.

Il Tar di Brescia si pronuncerà sul ricorso tra due settimane. Se fosse accolto, esso costituirebbe un precedente per molte altre famiglie che si trovano nella stessa situazione dei genitori di Monia, il cui feroce assassinio lasciò nel dolore e nella disperazione: "Era una presenza solare e gioiosa, non riusciva a pensare al male, lei diceva sempre: mamma, so che tu non ti fidi degli altri, ma la gente che frequento è brava gente non ti preoccupare”.

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