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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Sellero

La Valcamonica vende il suo legno, e per scaldarsi lo compra a Sumatra

In Valcamonica si compra legna da fuori Provincia, fuori Regione e pure dell'estero per alimentare la TSN di Sellero, che intanto brucia almeno 40 quintali all'ora. E la legna autoctona? Tronchi interi se ne vanno in Valtellina

Filiera corta, ma solo sulla carta, e infuria la polemica sul teleriscaldamento di Sellero, in piena Valcamonica, dove la lista d’opposizione Tempi Nuovi ha presentato un nuovo documento, con fotografie allegate, che testimonia la ‘dispersione ambientale’ del progetto TSN, ex controllata municipale ora privatizzata dopo varie vicissitudini, e dal 2007 una centrale che tratta “non solo biomasse vergini ma ogni tipo di rifiuto”. Dispersione ambientale perché, come ci spiega il consigliere comunale Mirco Bressanelli, “il legname locale viene portato in Valtellina mentre le nostre centrali acquistano materiale da fuori Provincia, fuori Regione e addirittura all’estero”.

Celebre fu il nocciolino di Sumatra, direttamente dall'Indonesia, mentre ora “il legname viene fornito al 99% da una società della Brianza, ma sappiamo bene che in Brianza non c’è tutta questa vegetazione, è solo un punto collettore”. Di Sellero abbiamo già parlato quando Legambiente lo definì Comune sostenibile e poi invece no, quando anche il segretario regionale Damiano Di Simine si accorse che “le biomasse utilizzate erano locali solo in via minoritaria”. La filiera si allunga, e di molto: “Una contraddizione abbastanza chiara – continua Bressanelli – Noi vediamo le piante tagliate a Cevo e dintorni che vengono trasportate in Valtellina quando qua rimangono gli scarti del lavoro forestale, materiale non appetibile per TSN che ha bisogno invece di un alto potere calorifico, e che brucia in media 40 quintali all’ora con picchi di 45”.

Una travagliata esistenza quella di TSN, che pure nacque per bruciare la legna proveniente dalla bonifica post-incendio 1997, legna che però “non è mai stata raccolta ed è marcita sul posto”. Anche economicamente non è sempre andata bene, continua Bressanelli, anzi: “Un bagno di sangue, metaforicamente parlando, costata almeno 15 miliardi di lire di soldi pubblici, per i Comuni limitrofi, la Provincia e la Regione. Per non parlare del danno ambientale, con la filiera allungata sul nostro territorio passano più di 1600 camion all’anno, con tutte le conseguenze del caso.

“Poi ci sono le emissioni, e i camini con filtri a manica che bloccano le PM10 ma fanno passare le polveri ancora più sottili, e proprio per questo abbiamo fatto richiesta, visto che la centrale dovrebbe essere controllata 24 ore al giorno, vogliamo un vero monitoraggio delle ceneri, se ne vanno in aria aperta, non si fermano certo al confine”. Come se non bastasse sono in corso indagini sul possibile trattamento di rifiuti pericolosi, Legambiente ha parlato di scorie plastiche, materiale in ingresso e in uscita, parte del quale è stato posto sotto sequestro.

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