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Cronaca Manerba del Garda

San Sivino, una Chiesetta da salvare: «Non c’è più tempo da perdere»

Una storia e una leggenda, un luogo quasi magico che rischia di fare una brutta fine. Il tempo passa, bisogna fare in fretta: la Chiesetta di San Sivino da salvare, raccontata dall'archeologo attivista Armando Bellelli

Armando Bellelli di storia e tradizione pare proprio se ne intenda, fresco vincitore del Premio nazionale Ricerca del Mistero, prossimo autore (con Facchinetti Kerudio) di un libro dedicato ai luoghi misteriosi del Nord Italia. Senza dimenticarci del Sercol e delle sue partecipazioni al programma televisivo di Italia Uno che, guarda caso, si chiama proprio Mistero. La cronaca locale lo ricorda anche per la sua più recente e più conosciuta battaglia, una vera lotta contro il tempo per la salvezza e la salvaguardia della Chiesetta di San Sivino. Proprio quella del patto col Diavolo, proprio quella che non se la passa benissimo e che, come ci ha raccontato un paio di settimane fa proprio il sindaco di Manerba Paolo Simoni, cade a pezzi vittima dell’incuria e del maltempo, sospesa in uno dei pochi angoli verdi rimasti, inaccessibile se non per vie assai poco amene, recintata e rinchiusa in una proprietà privata con cui il Comune e la parrocchia cercano di trattare, senza troppo successo.

Potrebbe essere il maltempo a risolvere la questione, presto la chiesa potrebbe non esserci più: “Il rischio crollo è un rischio concreto – ci racconta Armando Bellelli – il muro è già impregnato d’acqua, se nei prossimi mesi dovesse piovere con frequenza questa potrebbe essere l’ultima estate della Chiesetta. Per non parlare degli affreschi, delle pietre e degli interni”. Una chiesa ricca di fascino, carica di storia e di leggenda. “Tutto nasce da un fatto storicamente accaduto, ben raccontato dal professor Gaggia. La storia di un tributo esoso che il Comune di Manerba ai tempi non poteva pagare, coperto con alti interessi dal prete di Padenghe, prestanome di un nobile di Soiano. Il collegamento a questo punto è evidente, il mulino venne usato come pegno, il piede e la mano sono le impronte del patto”.

Un frate e un cavaliere, le due forme umane che il Diavolo sceglie per trattare con Marco il mugnaio, protagonista della leggenda parallela secondo cui il giovane contadino optò per la ‘clemenza’ di Satana, poiché il buon San Sivino non dava cenno di risposta alle sue preghiere. Marco chiedeva un po’ di acqua in più, fu il Principe delle Tenebre a soddisfare le sue richieste. All’enigma fantastico si aggiunge anche l’enigma storico: “La chiesa nasce come oratorio campestre in pietrisco, anche se la sua origine è più remota, un’origine pagana. Sono convinto che al di sotto delle pietre di ultima costruzione si possano trovare antiche rovine, a occhio ho già notato diverse ceramiche che sembrano manufatti pre-cristiani”.

La chiesa del Diavolo - © Armando Bellelli


“Oltre alla base – ancora Bellelli – abbiamo pure gli steli, una porta murata, un altare, di marmo rosso veronese, probabilmente materiale di recupero di un’altra costruzione. Poi i due stipiti, a destra la mano, il cerchio con la croce quadripartita, il piede con il sandalo. A sinistra la griglia, dal fortissimo significato simbolico”. Lo spazio delle interpretazioni è molto vasto, la celebre pietra del patto potrebbe avere origini pagane, le impronte potrebbero associarsi alla”presa di possesso del luogo da parte della divinità”, la croce sembra la reazione cristiana all’adorazione pagana.

“Un po’ come a Capo di Ponte, a Santa Faustina Liberata, un’antica vernazione poi trasformata in rito e leggenda cristiani. Ma la chiesa di San Sivino rimane un luogo unico, unico dei più pittoreschi d’Italia. Così enigmatica e così misteriosa, così bella e così suggestiva. Manerba è ricchissima di antichi resti, dal santuario di Minerva (sulla Rocca) e fino agli insediamenti palafitticoli della Spiaggia del Gabbiano, assieme a un semicerchio di pietre megalitiche sommerse che potrebbero risalire all’Età del Rame, oltre 4mila anni fa”. Niente da dire, la rinascita della Chiesetta può essere una vera occasione: “Secondo me è unica in Italia, se fosse accessibile diventerebbe in breve tempo una grande attrazione, un vantaggio non solo per Manerba ma per tutto il Basso Garda. Ve lo immaginate un itinerario dell’insolito, alla ricerca del mistero?”.

Si parla sempre di turismo, anche questo lo è, e magari non è il solito turismo stagionale. “E poi – conclude Bellelli – stiamo parlando di un simbolo! L’ultimo pezzo verde, il manifesto immobile di una Valtenesi da salvare, l’ultima reliquia, assediata dal cemento e dalle costruzioni”. In effetti da lassù di stupendo non c’è solo la vista, c’è anche tutto intorno.

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