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Cronaca

Malato da tempo, muore in carcere a 78 anni

A perdere la vita, nel carcere di San Vittore, Sliman Bombaker, libico di origini irachene. Presso la Procura di Brescia, pronta la denuncia da parte dei familiari per il magistrato di sorveglianza che aveva in carico l'anziano

Aveva 78 anni ed era malato da tempo il detenuto che, in cella a San Vittore per scontare ancora circa sei mesi di pena, dopo essersi visto rigettare una serie di richieste per ottenere la detenzione domiciliare, è morto la notte tra domenica e lunedì all'ospedale Fatebenefratelli di Milano.

Lo hanno denunciato in un comunicato l'Osservatorio Permanente sulle morti in carcere e l'avvocato Enzo Lepre, che ha annunciato di avere intenzione di presentare per conto dei parenti una denuncia alla Procura di Brescia nei confronti del magistrato di sorveglianza che aveva in carico l'anziano.

Sliman Bombaker, libico di origini irachene, nel febbraio del 2012 era stato condannato a sei anni e 20 giorni per riduzione in schiavitù di una ragazza marocchina e per concorso in numerosi furti. Come ha spiegato il suo legale, era malato di diabete, l'anno scorso aveva avuto un infarto, era quasi paralizzato per una grave insufficienza renale e solo poche settimane fa si era procurato un trauma cranico cadendo in cella.

"Un quadro incompatibile con il carcere - ha precisato l'avvocato - Tant'é che il medico di San Vittore aveva detto che la situazione sarebbe potuta degenerare da un momento all'altro e che era da scarcerare". Ma il 18 aprile il magistrato di sorveglianza ha negato la detenzione domiciliare. "In questo modo - ha accusato il legale - è stato impedito ai figli di vegliare il padre nelle ultime ore della sua vita". Inoltre, a dire del difensore, nessuno della famiglie sarebbe stato avvertito della sua morte.

"Quando ho chiamato in carcere per sapere come stava il signor Bombaker e mi hanno detto quello che era successo - ha raccontato ancora l'avvocato - sono rimasto stupito: non avevano avvisato né il sottoscritto né alcuno dei 10 figli che vivono a Milano. Si sono giustificati dicendo che non avevano nessun numero: falso, il mio assistito riceveva telefonate giornaliere dai figli e i loro numeri sono segnati sui registri. Mi chiedo in che Paese viviamo".

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