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Cronaca

Iscrizioni rupestri in Valle Camonica, degrado italiano

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di BresciaToday

La Valle Camonica (in lingua lombarda Al Camònega) è la valle bresciana famosa in tutto il mondo grazie al suo patrimonio unico di incisioni rupestri, 300.000 incisioni su roccia che sono state opera degli abitanti della valle in un periodo di 10.000 anni, dal settimo millennio a.C. fino al XIX secolo d.C.

Le incisioni sono presenti lungo settanta chilometri della valle, su duemila rocce, in 24 comuni e in 180 complessive località che nel 1979 sono state riconosciute dall'UNESCO come sito Patrimonio dell'umanità, il primo riconoscimento per un sito all'interno dello stato italiano.

Una simile ricchezza storica e culturale meriterebbe la massima attenzione da parte delle istituzioni che ne dovrebbero curare preservazione e valorizzazione, ma purtroppo da anni assistiamo all'esatto contrario.
Il "Corriere della sera" del 27 giugno riporta la denuncia della signora Nadia Ghirardelli a Radio Tre: "Sono della Valle Camonica e sabato pomeriggio ho accompagnato alcuni stranieri a visitare il Parco Nazionale di Naquane a Capo di Ponte. Ma il parco, inspiegabilmente, era chiuso".

Interviene il direttore del parco che è di proprietà dello Stato italiano e quindi gestito dal Ministero dei beni culturali attraverso la Soprintendenza: "Con l'apertura nel maggio scorso del nuovo Museo della Preistoria a Capo di Ponte oltre ai due siti di nostra competenza, Naquane e Massi di Cemmo, dobbiamo gestire una realtà in più, ma con lo stesso personale", cioè se da una parte aumentano i siti culturali, dall'altra il Ministero non stanzia risorse e quindi non è possibile procedere ad assunzioni.

Tra l'altro la chiusura del parco non è una novità perché già nel 2011 era rimasto chiuso poiché il Ministero dei beni culturali non aveva soldi per pagare i festivi ai custodi; e il Sindaco denunciava: "Dopo la vicenda del parco dei Massi di Cemmo rimasto inspiegabilmente chiuso al pubblico per sei anni, dopo i ritardi nella costruzione del museo nazionale, questa è l'ennesima dimostrazione che la Sovrintendenza non intende collaborare con noi per valorizzare le incisioni rupestri".

Il dramma della mancanza di risorse e quindi dell'impossibilità di procedere a nuove assunzioni è stato denunciato dalla Cisl bresciana proprio a proposito dell'inaugurazione del nuovo Museo della preistoria: "In un momento di difficoltà che stiamo vivendo nel nostro paese merita di essere sottolineato il fatto che non solo si aprirà una nuova struttura museale statale, ma che lo si farà grazie alla volontà di lavoratori pubblici che hanno dato la loro disponibilità a sacrificare ore di lavoro straordinario non retribuite, turni di riposo e anche qualche giorno di ferie pur di permettere l'apertura del museo.

È evidente che siamo in presenza di una situazione di emergenza e che Museo e Parco avranno aperture ridotte; i lavoratori hanno fatto il possibile e anche qualcosa in più ma non è possibile pensare di garantire l'apertura delle due strutture solo grazie alla buona volontà dei lavoratori".

A fronte di queste problematiche, a più di seicento chilometri di distanza da Brescia, le priorità del Ministero dei beni culturali sono sempre altre, e se il colore politico dei governi italiani cambia, non cambia lo strabismo del Ministero, con gli occhi sempre orientati a Sud.

Giancarlo Galan, appena nominato ministro dei beni culturali nel governo Berlusconi, dichiarava che il suo primo atto sarebbe stato "affrontare l'emergenza partendo da Pompei. Ora ci sono le risorse (80 milioni di euro) e le impiegheremo", ma senza dimenticare l'area archeologica di Roma.

Lorenzo Ornaghi, ministro del governo Monti (governo delle larghe intese), visitando il sito di Pompei insieme ai massimi dirigenti del ministero, dichiarava che "Pompei è sempre stata una priorità del ministero", confermando "l'attenzione nazionale su Pompei"; e infatti nell'aprile 2012 il governo Monti si presentava a Napoli al gran completo per annunciare il "Grande progetto Pompei" con la messa a disposizione di 105 milioni di euro, di cui 63 milioni del governo italiano e 42 milioni dell'Unione Europea.

Massimo Bray, ministro del governo Letta (altro governo delle larghe intese), dichiarava in parlamento che "l'area archeologica pompeiana è la priorità. Va accelerato anche il restauro del Colosseo e rinnovato l'impegno per Domus Aurea e Appia Antica".

Nello scorso mese di maggio, Franceschini, ministro del governo Renzi, illustrava le "nuove" priorità contenute nel decreto legge cultura, cioè la Reggia di Caserta, con il progetto di nomina di un commissario, e il sito di Pompei, con l'assunzione di venti nuovi dipendenti; inoltre stanziava un milione di euro per "150 tirocini di eccellenza indirizzati sulle priorità del patrimonio": Pompei, Reggia di Caserta, Archivio centrale dello Stato e le aree terremotate.

Intanto a Brescia, in un sito Patrimonio dell'umanità (e patrimonio della storia bresciana e lombarda), dove solo l'anno scorso gli accessi sono stati quasi 60.000, non ci sono soldi per procedere ad indispensabili nuove assunzioni, l'apertura dei parchi è garantita dalla passione e dal sacrificio dei lavoratori, e quando questi non sono sufficienti i parchi possono anche chiudere, con buona pace delle priorità del ministero (…senza approfondire il problema della preservazione delle incisioni, da sempre esposte all'erosione derivante dai fenomeni meteorologici e agli atti di vandalismo).

Oltre ai danni, culturali e materiali, c'è anche la beffa che noi cittadini lombardi dobbiamo subire: il Ministero lamenta l'assenza di risorse per i parchi della Valle Camonica e ci costringe a elemosinare risorse, ma in realtà quelle risorse sono i frutti del lavoro di ciascuno di noi che lo Stato italiano preleva dalle nostre tasche e non ci restituisce: solo nel 2012, al netto di ciò che lo Stato aveva già trasferito sotto forma di servizi, ogni cittadino lombardo (compresi neonati e bambini) vantava un credito di 5.600 euro! Un dato, questo, che non ha eguali nel mondo…

L'amara realtà è che lo Stato italiano non vuole e non è in grado di garantire la preservazione di un patrimonio unico al mondo: la salvezza della nostra storia potrà essere garantita solo facendo appello a un rinnovato senso di responsabilità e condivisione, in una comunità lombarda indipendente, finalmente libera di gestire le proprie risorse e di autodeterminarsi.

Dario Pederzani
pro Lombardia Indipendenza
www. prolombardia.eu

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