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Cronaca

Razzie ai camion in sosta, 55 colpi in pochi mesi: sgominata la banda della A21

Una decina gli indagati, accusati di associazione per delinquere

Sgominata la banda della A21: sarebbero una decina le persone indagate dalla Procura, con 28 capi d'imputazione complessivi, in particolare per il reato di associazione per delinquere finalizzata al compimento di furti e rapine. Le operazioni si sono concluse in queste ore, coordinate dalla Procura di Piacenza e condotte dalla Polizia Stradale di Cremona e dalla Squadra mobile di Piacenza. Dalla fine di maggio 2020 alla fine di gennaio 2021, dunque in circa 8 mesi, il gruppo avrebbe messo a segno 55 colpi, circostanziati in 23 diversi episodi: a questi si aggiungono anche altri furti, ma solo tentati.

Chi sono gli indagati

Nel mirino dei banditi gli autoarticolati (in gran parte stranieri) fermi di notte nelle aree di servizio dell'autostrada A21, in primis a Piacenza, Nure e Trebbia. Secondo gli investigatori, gli autori di questi furti farebbero parte di una sola organizzazione criminale, composta originariamente da due bande poi unitesi tra loro: la banda di Chignolo Po, formata da un cittadino ucraino e cinque albanesi, e quella definita dei “cremaschi”, con tre rumeni e probabili contatti anche con la criminalità bresciana. Insieme a loro, e considerati ai vertici dell'organizzazione, anche un italiano pluripregiudicato originario del Pavese. 

Non solo ladri, ma anche rapinatori (e picchiatori): in varie occasioni non avrebbero risparmiato violenze fisiche alle vittime. In tal senso si segnala quanto accaduto il 29 giugno 2020 in occasione di un furto di un carico di televisori destinati all'Unieuro di Piacenza: un camionista bielorusso, in sosta all'area di servizio Nure Nord, nel tentativo di fronteggiare i malviventi sarebbe stato “brutalmente” malmenato con bastoni, pietre e addirittura alcuni dei televisori rubati.

Il modus operandi

Le indagini sono scattate proprio a seguito di questo episodio. Questo il reiterato modus operandi, come ricostruito dalla Polizia di Stato: accedevano alle aree di servizio sempre attraverso strade di collegamento esterne, senza usare le corsie autostradali, e si facevano strada anche tranciando le maglie delle reti metalliche delle recinzioni di delimitazione. I Tir da razziare venivano scrupolosamente scelti solo tra quelli dotati di telo plastico protettivo che, attraverso piccoli tagli, permetteva ai criminali di ispezionare la merce all'interno. 

Una volta individuati i beni d'interesse, venivano aperte le porte posteriori dei rimorchi forzando le serrature o tranciando i sigilli. Il carico veniva poi prelevato e, in caso di necessità, anche nascosto tra la vegetazione dei campi adiacenti.

Circa due anni di indagini

Il lavoro degli inquirenti è proseguito per circa due anni, con accertamenti di altissima precisione: sono state analizzate perfino le “scie digitali” lasciate da smartphone e cellulari nelle zone dove sono stati commessi gli episodi. Si tratta di “impronte” invisibili ma presenti nella rete cellulare, che hanno portato così ad individuare prima gli apparati utilizzati dai criminali e poi le identità dei singoli utilizzatori. 

A seguito di sequestri, blitz e pedinamenti, il quadro probatorio si è infine allargato ad altri soggetti, tra cui il ricettatore italiano, originario del Pavese, intercettato al telefono mentre avrebbe cercato di “piazzare” quasi 1.500 bottiglie di liquore Jagermeister rubate la notte del 16 settembre 2020. Quest'ultimo, secondo la Questura, era di fatto il capobanda, il culmine della “filiera criminale”: l'anello di congiunzione tra gli esecutori materiali dei furti e delle rapine e il mercato nero dove piazzare la refurtiva. Insomma, era lui a liquidare economicamente la banda per le merci trafugate, riciclando i beni da monetizzare per trarne profitto, per se stesso e per l'intera organizzazione criminale.

Fonte: ilpiacenza.it

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