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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Piazza della Loggia

Escalation di violenza sulle donne: quest'anno 5 femminicidi, 494 le richieste d'aiuto

Quello di Simona Simonini è il quinto femminicidio dell'anno che si registra nella nostra provincia. Dall’inizio del 2015 sono 494 le donne che si sono rivolte al centro antiviolenza Casa delle Donne di Brescia. Numeri in netto aumento

Simona Simonini, la 42enne ammazzata probabilmente a calci e pugni dal compagno 46enne, aveva chiesto aiuto per troncare un relazione fatta di botte, abusi, maltrattamenti. A tenderle la mano era stata la “Rete di Daphne”, associazione iseana che si occupa di contrastare la violenza di genere. Un anno fa, per una decina di giorni, Simona aveva anche trovato rifugio in una struttura protetta e da lì era stata trasferita in una comunità di recupero della Bassa. Ma non ha resisto alle regole rigide, ai divieti, all’isolamento forzato ed è tornata nell’appartamento di via Regina Elena che ha diviso con il compagno fino al tragico epilogo. Una decisone che accomuna molte delle donne vittime di violenze domestiche, come spiega Piera Stretti, presidente del centro antiviolenza Casa Delle Donne di Brescia. 

Vivere in una struttura protetta non è semplice, ti viene tolto il cellulare e sono limitati i contatti con l’esterno, le regole sono molto rigide. I tempi della giustizia sono spesso troppi lunghi e finché il tribunale non arriva a una sentenza di condanna le donne devono vivere in un regime di libertà ristretta. Per questo molte di loro cercano di andarsene da tali strutture. Se possiedono una rete famigliare si rivolgono ai parenti, altrimenti tornano dal maltrattante.  Anche Simona aveva chiesto aiuto ad un’associazione, ma poi era tornata su suoi passi. Sondando la sua psiche credo che forse soffrisse della sindrome di Stoccolma. Era totalmente dipendente e succube del compagno violento, che era il suo unico appiglio per continuare a vivere. Lei aveva un vuoto dentro, che era riempito dai maltrattamenti che subiva continuamente.  Nel suo caso, come in tanti altri, ai maltrattamenti fisici si aggiungeva la violenza psicologica e quella sessuale. C’è poi anche una violenza di tipo economico. Molto spesso gli uomini che maltrattano le proprie donne negano loro di disporre di denaro e di trovarsi un’occupazione”

Dal primo gennaio 2015 al 13 novembre al solo centro antiviolenza di Brescia, attivo dal 1989, di sono rivolte ben 494 donne, mentre nel 2014 erano state 405.  “Dal 2009 c’è stato un notevole aumento - spiega Piera Stretti -  ma questo non significa che ci sia stata un escalation di violenza di genere. Tale incremento si deve anche alle molte iniziative di sensibilizzazione e informazione da noi intraprese e ad una presenza più capillare sul territorio. Nel 2014 abbiamo aperto una sede a Darfo Bario Terme e il prossimo 28 novembre, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, verrà inaugurato lo sportello d’ascolto di Gardone Val Trompia. Inoltre, il progetto "Brescia in rete contro la violenza”, promosso dal comune, ci ha permesso di intervenire direttamente in 45 situazioni d’emergenza. In tali casi le nostre operatrici si recano direttamente al Pronto Soccorso o in Questura per valutare la situazione e offrire un immediato supporto psicologico e legale alle vittime.”

A chiedere aiuto sono anche donne laureate ed indipendenti economicamente: “ È uno stereotipo pensare che un reddito medio-alto e una buona istruzione preservino dalla violenza. Circa 1/3 delle donne che si sono rivolte a noi nel 2014 sono non hanno problemi economici e sono laureate o diplomate. Sempre più frequentemente ci chiedono un sopporto anche donne che cercano di evitare un matrimonio combinato. Alcune però per preservare la madre e la famiglia d’origine, sui cui ricadrebbe la vendetta del padre, alla fine accettano il matrimonio combinato, augurandosi di avere una vita felice con un uomo che non conoscono. È un fenomeno diffusissimo anche a Brescia che va studiato e affrontato.”

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