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Cronaca Desenzano del Garda

Pornostar uccisa, la madre: "Il suo ex è il peggio, una bestia"

Gli inquirenti non hanno più dubbi: il cadavere ritrovato nel lago di Garda è quello di Federica Giacomini, l'ex pornostar residente a Desenzano di cui non si hanno notizie dal febbraio scorso. Principale sospettato, Franco Mossoni

Per gli inquirenti di dubbi ne sono rimasti davvero pochi. Il cadavere di una donna ritrovato a largo di Castelletto di Brenzone, sul Garda veronese, avvolto nel cellophane e ‘seppellito’ in una bara artigianale di legno e plastica, presto sarà riconosciuto come il corpo senza vita di Federica Giacomini, l’ex pornostar vicentina (ma residente a Desenzano) di cui dallo scorso gennaio non si avevano più notizie.

L’ultimo ‘sussulto’ risale al 1° gennaio del 2014, quando Federica (nota anche come Ginevra Hollander) invia un sms alla madre, augurandole “pace e serenità”. Due settimane dopo la denuncia di scomparsa, da parte dei genitori, ai primi di febbraio una telefonata ad un’amica: “Ho tanta paura”.

Qualche giorno più tardi il raptus di Franco Mossoni, il suo convivente di origini camune (classe 1959) che negli anni ’70 aveva già imbracciato una pistola, per sparare ad un coetaneo presunto rivale in amore.

La (breve) cronistoria di mesi che parevano non finire mai. La madre di Federica in fondo ci spera ancora, mentre ricorda la sua vita sfortunata: prima un matrimonio con un ispettore “che non le era fedele”, poi quel Mossoni, “il peggio, una bestia”. L’ultima volta l’ha vista il 30 dicembre scorso: “Da allora non mangio, e non dormo. Non so come farò a sopravvivere a un dolore così grande”.

La svolta nelle indagini intanto sarebbe arrivata dal cellulare di Franco Mossoni. Individuato in più di un’occasione proprio a Castelletto di Brenzone. Dove tra l’altro, a febbraio, si sarebbe fermato per un breve soggiorno. Forse per architettare e completare il diabolico piano che ha travolto Federica Giacomini.

Si era fatto vivo in paese, si era fatto pure riconoscere. Si era presentato come un biologo: aveva bisogno di una barca, raccontava, per effettuare analisi e ricerche. Rimasto in zona per tre giorni, in un piccolo albergo. Ha noleggiato uno scafo, si è allontanato dalla riva con il lago in tempesta. Per gli inquirenti giusto il tempo per ‘chiudere’ il suo efferato delitto.

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