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Cronaca

Fatture false per mezzo miliardo di euro: tutti i nomi dei 22 arrestati

Avvocati, commercialisti, politici e imprenditori: ecco tutti i volti (noti e meno noti) della maxi-inchiesta da 85 indagati e 22 arresti

Volti ben noti e altri un po' meno, insospettabili professionisti, avvocati e commercialisti, politici e incensurati, qualcun altro già finito nei guai con la giustizia: è questo il quadro articolato che va a comporre il gruppo dei 22 soggetti che sono stati arrestati in queste ore dalla Guardia di Finanza di Brescia, in collaborazione con lo Scico di Roma, nell'ambito della maxi-inchiesta “Evasione continua” che ha permesso di smascherare un giro d'affari da mezzo miliardo di euro di false fatture, e un'evasione fiscale di oltre 80 milioni. Le indagini sono state coordinate dai magistrati Claudia Passalacqua e Carlo Nocerino.

Come riferito in conferenza stampa, tutto sarebbe partito dalla denuncia del commercialista Mauro Rigamonti, ora in carcere a seguito di un'altra inchiesta, che avrebbe raccontato nel dettaglio i meccanismi del “laboratorio” in cui venivano confezionate le false fatture. Le indagini e gli accertamenti, proseguiti per oltre un anno e mezzo, hanno portato alla chiusura dell'inchiesta con 85 indagati, tra cui più di 40 bresciani, e 22 arresti.

I nomi dei 22 arrestati

Nell'elenco dei sottoposti a misura cautelare (tra carcere e domiciliari) c'è la commercialista Stefania Franzoni, insieme a Massimo Battezzi e Sandro Monteleone considerati al vertice dell'organizzazione, e i colleghi Roberto Guerini e Krisztina Kadar, gli avvocati Francesco Alimondi, Alessandro Bitonti e Roberto Golda Perini, l'ex consigliere comunale della Lega (e oggi militante di Fratelli d'Italia) Alessandro Bizzaro, che è ai domiciliari, e poi Patrizia Bilacchi, Elena Cancarini, Salvatore Cappiello, Daniele Degni, Andrea Giovita, Giuseppe Gorini, Pierantonio Prior e Pietro Rossini, tutti in carcere, e Giuseppe Bertone e Ettore Trepiccione ai domiciliari.

Sono tutti accusati di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio: nella pratica, l'organizzazione offriva servizi tributari illeciti, attraverso centinaia di società di comodo (italiane e straniere) e prestanomi. Lo scopo era quello di “produrre” crediti fittizi da utilizzare indebitamente in compensazione, e di fatture per operazioni inesistenti. Tali “servizi” sarebbero poi stati venuti attraverso una vera e propria rete di distribuzione. Come detto, un affare da mezzo miliardo di euro.

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