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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Il dramma di Daniele: invalido al 100%, gli tolgono la pensione

Una storia che ha commosso tutta l'Italia: compagni di cella e poi padre e figlio adottivi. Ma per Daniele Spedicato le cose si complicano, perché nonostante un'invalidità accertata gli è stata tolta la pensione

La loro storia ha fatto commuovere tanta gente. Compagni di cella per quattro anni a Canton Mombello: Daniele Spedicato, ex imprenditore in carcere per ricettazione, e il giovane Emanuel, 28enne di origini ghanesi e che oggi con Daniele condivide lo stesso cognome. Perché in uscita dalla galera l’ex imprenditore ha mantenuto la promessa, e Emanuel l’ha adottato per davvero. Un gesto più che simbolico, fatto di vera riconoscenza.

Perché Spedicato è malato da tempo, invalido al cento per cento: a seguito di un’ischemia soffre di un enfisema cronico, che lo costringe a vivere attaccato ad un respiratore. E in carcere sarebbe stato abbandonato, se non fosse stato per Emanuel. Ora i due vivono separati, ma si vedono quasi tutti i giorni: Daniele sta a Sanpolino, “così sono vicino agli ospedali, per quando devo fare i controlli”.

Emanuel invece abita a Rovato, con la sua compagna e il figlio Angelo. Ma adesso le cose si complicano, di nuovo. Perché a papà (adottivo) Daniele è stata tolta la pensione d’invalidità: erano 793 euro, non certo una cifra esagerata. La Previdenza ha però bloccato gli assegni, chiedendo in cambio una visita fisiatrica. Nonostante la legge parli chiaro, quando l’insufficienza respiratoria è cronica non vi è più necessità di frequenti visite di accertamento.

Daniele è stato in ospedale, a Chiari: e la diagnosi non è cambiata. Ora papà e figlio aspettano, incrociando le dita. Magari abbracciandosi per l’ennesima volta, perché forse questa è una di quelle storie che un lieto fine lo meritano davvero. Per come quest’amicizia è nata, due vite così diverse e distanti ma che ora sono così vicine, l’una appoggiata all’altra.

Cominciata con un pacchetto di sigarette al giorno, racconta Emanuel, “quello che Daniele mi dava in cambio del mio aiuto, per lavarsi o vestirsi”. E poi sfociata in quell’adozione dietro le sbarre, il primo caso in Italia.  

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