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Droga e fatture false per 32 milioni di euro: chi sono le persone arrestate

I dettagli dell'operazione "Sweet Water"

Nelle prime ore del mattino, nelle province di Brescia, Milano, Bergamo, Mantova, Lodi, Alessandria, Novara, Varese, Parma e Piacenza, i carabinieri del Comando Provinciale di Brescia – con la collaborazione dei colleghi degli altri territori – hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di misura cautelare emessa dal gip di Brescia, che ha ritenuto solido il quadro probatorio raccolto dal Nucleo Investigativo, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia. 

Il provvedimento è stato eseguito nei confronti di 30 persone, ritenute a vario titolo responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e di appropriazione indebita, al fine di agevolare alcune società nell'evasione (ritenuta sistematica) delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto, attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e conseguente "trasferimento fraudolento di valori". Sono state anche accertate condotte relative alla detenzione ai fini dello spaccio di ingenti quantitativi di stupefacenti (hashish e cocaina).  

Sono intuito 15 le persone finite in carcere (11 per associazione per delinquere), 3 quelle finite agli arresti domiciliari. Sono ste inoltre emesse 11 ordinanze di interdizione dalla professione dell’attività di imprenditore per la durata di un anno. I carabinieri hanno effettuato 51 sequestri preventivi di beni mobili ed immobili, finalizzati alla confisca sia diretta sia per equivalente, per una somma complessiva pari a circa 13 milioni di euro. 

I sequestri hanno interessato quote societarie di 4 imprese commerciali, una villetta a Chiari, 4 appartamenti in provincia di Brescia, Milano e Bergamo, 7 autorimesse, un magazzino commerciale, 6 quote proporzionali di abitazioni, 5 quote proporzionali di autorimesse, 2 terreni in provincia di Brescia, 250 conti correnti in Italia e denaro contante.

L’indagine, denominata "Sweet Water",  trae origine dal sequestro di 31 kg di hashish con contestuale arresto di tre pregiudicati, risalente al 22 luglio 2018 a Rezzato. Il successivo sviluppo investigativo, avviato nell’ottobre seguente, ha consentito di individuare un'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati di natura fiscale. È stato così individuato sodalizio criminale, con ramificazioni internazionali, finalizzato all’importazione di hashish e cocaina dalla Spagna, destinate alla piazza bresciana. 

Secondo quanto ricostruito dai militari, il "mandante" della partita di droga sarebbe Massimo Labinelli, pregiudicato bresciano, ma da anni ormai di casa in Spagna. Inoltre, è stato individuato un altro pregiudicato, Giovanni Bertozzi, che – con la collaborazione di Bruno Claudio Marzoli – è ritenuto promotore e coordinatore di un'organizzazione dedita all’evasione fiscale ed alla monetizzazione, tramite conti correnti esteri, di ingenti somme di denaro. La maxi evasione sarebbe stata possibile grazie alla fondamentale complicità di un esperto contabile tributarista, Giuseppe Familiari. Grazie ad un consulente finanziario compiacente ed altri complici italiani e stranieri, Bertozzi avrebbe realizzato un sistema basato sull’emissione di fatture per operazioni inesistenti, che avrebbe consentito all’intera organizzazione di trasferire somme di denaro, nei soli anni contabili 2018-2019, per almeno 32 milioni di euro.

Il progetto criminale consisteva nella costituzione di temporanee società “cartiere” fittiziamente intestate a consapevoli e retribuiti prestanome, mediante le quali venivano emesse fatture per operazioni mai effettuate, del valore anche di centinaia di migliaia di euro, in favore di società compiacenti realmente esistenti e regolarmente operative nel settore dell’edilizia, della lavorazione tessile o dei metalli. 

Queste ultime, alla ricezione della concordata falsa fattura, disponevano un’equivalente bonifico all’indirizzo del conto corrente della “cartiera” al duplice fine di attribuire una parvenza di legalità all’operazione commerciale (in realtà solamente simulata) e di ottenere così il trasferimento delle somme di denaro. Non appena ricevuto il pagamento sul conto delle “cartiere”, gli indagati inviavano le medesime somme in conti correnti esteri (in Francia, Ungheria, Bulgaria e Cina), gestiti da Maurizio Merlo con la collaborazione dei due figli, Francesco e Luca, e intestati ad altre società compiacenti che, attraverso la complicità di un cittadino cinese, monetizzavano il denaro con prelievi di contante, restituito agli indagati. Questi, a loro volta, lo riconsegnavano agli amministratori delle società realmente operative, che avevano già incassato la fattura fittizia e disposto il primo bonifico; ovviamente, al netto del prezzo del reato stabilito complessivamente attorno al 7% di ciascuna fattura falsa, emessa e pagata. 

Così facendo, ossia simulando spese in realtà mai sostenute – poiché, come visto, il denaro trasferito veniva poi restituito – le società realmente operative coinvolte nell’attività illecita, oltre a disporre di ingenti somme di denaro contante di provenienza illecita, ottenevano l’erosione della propria base imponibile dalle imposte sul reddito, funzionale ad una consistente evasione (sia di imposte dirette sia indirette). Il successivo sequestro delle scritture contabili, disposto dall’autorità giudiziaria nei confronti di tutte le imprese coinvolte, ha confermato il quadro investigativo emerso nella prima fase, consentendo di delineare in modo più chiaro le diverse responsabilità penali, in capo a ciascun indagato, e quantificare l’evasione fiscale per un importo di molto superiore ai 9 milioni di euro per il solo 2018 e parte del 2019.                   

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