Italiani «mangiagatti»? 6000 felini cucinati ogni anno, epicentro a Brescia e Bergamo
La denuncia dell'associazione AIDAA per la difesa degli Animali e dell'Ambiente: nel 2012 almeno 6000 gatti cucinati e mangiati. Una pratica diffusa anche a Brescia, dove quest'anno si sono registrate già 30 sparizioni 'sospette'
C’è chi dice abbia il sapore di un coniglio, e che in tempo di guerra la pratica era assai più diffusa, in qualche modo si doveva pur sopravvivere. Ma quello che ai giorni nostri sembra una storia d’antan invece ha ancora una radicata diffusione nel territorio italiano, e non solo in terra vicentina dove gli abitanti vengono goliardicamente chiamati “mangia-gatti”.
La denuncia arriva dall’associazione AIDAA per la difesa degli Animali e dell’Ambiente, che nel suo ultimo report ha fatto i conti in tasca al Belpaese: le stime parlano di almeno 6mila gatti finiti sulle tavole nell’anno appena trascorso, e le province a più alta incidenza stanno pure in Lombardia, a Brescia e Bergamo ma anche a Mantova.
Le cose però, vanno un po’ meglio: nel 2010 in provincia sparirono circa 400 gatti, quest’anno si è arrivati ‘solo’ a 30. Sparizioni frequenti invece scendendo nella Bassa Bresciana, al confine con il territorio di Cremona, dove forse allora l’antica abitudine culinaria ha un radicamento reale, e non solo in qualche vecchia cascina.
Niente spuntini, sia chiaro: uccidere un felino è un reato previsto dal Codice Penale, cucinarli e mangiarli prevede perfino l’arresto, fino a due anni di reclusione.